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L’arte incisoria gode di scarsa considerazione in Italia, dove è ritenuta una figlia minore della produzione pittorica. Benvengano quindi le occasioni che aiutano a riscoprire il valore di quest’antica e raffinata espressione artistica.
Tra le occasioni si sta confermando come un qualificato punto di riferimento la Biennale dell’Incisione Contemporanea di Mirano.
Nella cittadina dell’entroterra veneziano si è appena aperta la seconda edizione della Biennale, organizzata dal Comune in collaborazione con l’Associazione Incisori Veneti di Venezia e col Centro Internazionale di Arte Grafica di Lubiana nell’ambito del Programma Interreg II Italia-Slovenia coordinato dalla Regione Veneto e finanziato con fondi europei.
Partendo dall’omaggio reso ai Tiepolo incisori, con una mostra nel 1988, passando attraverso la prima Biennale di due anni fa e dopo l’esposizione lo scorso anno delle incisioni di una straordinaria personalità settecentesca, Bernardo Bellotto, Mirano continua a reggere con impegno il testimone cedutole da Venezia.
Il titolo dell’esposizione, “Il segno e la memoria”, condensa in una formula una serie di significati: il segno letto come traccia lasciata da un gesto che esprime una volontà umana, come espressione interiore che resta nell’opera a testimonianza di un’esistenza, come manifestazione di una comune matrice europea che riaffiora nella memoria individuale e collettiva dell’artista.
La tecnica incisoria nell’intensità dei segni e nella leggerezza delle sfumature è una modalità antica di fare arte, che richiede rigore e coinvolge anche fisicamente l’intera persona. La cultura che ne scaturisce, forte e acutamente indagatrice, sembra allo stesso tempo umile in quest’era digitale in cui l’informatica, che spesso prevale anche nelle Accademie, porta sempre più l’uomo e l’artista a estraniarsi dal gesto.
Ecco perché per il presidente dell’AIV Giorgio Trentin, che ha curato la mostra assieme a Mario Esposito, sostenere l’incisione significa portare avanti una battaglia culturale contro un’arte sempre più disumanizzata e massificata oppure esasperata in eterni sperimentalismi incapaci di qualsiasi conclusione.
I curatori, sostenuti da un comitato scientifico che allinea maestri riconosciuti dell’arte incisoria come Giuseppe Fantinato, Mario Guadagnino, Gianfranco Quaresimin e Lilijana Stepančič, hanno riunito circa 220 opere suddivise in tre sezioni: la prima è riservata a 59 artisti italiani invitati, la seconda è dedicata a 25 giovani artisti selezionati tra i partecipanti al Premio Tiepolo e l’ultima è dedicata a15 incisori sloveni.
Tra gli artisti affermati, noti non solo per l’attività incisoria, si ricordano Ugo Attardi, Emilio Baracco (l’acquaforte “Frammenti” è stata scelta per la copertina del catalogo Marsilio), Guido Navaretti, Riccarda Pagnozzato, Alberto Rocco, Remo Wolf, Giuseppe Zigaina. Tra i giovani, alcuni di notevole talento, vanno segnalati i vincitori: Emanuele Cerruti di Moncalieri (primo Premio Tiepolo), Costanza Antoniazzi di Arzignano (secondo Premio Tiepolo), Annalisa Filippi di Trento e Andrea Canu di Torino (Premio Associazione Incisori Veneti).
Nella sezione straniera, diversa di volta in volta, è stata invitata la Slovenia con quindici maestri (tra gli altri Todorče Atanasov, Bogdan Borčić, Kiar Meško, Ana Zavadlav) selezionati dal Centro Internazionale di Grafica di Lubiana (attivo dal 1955) appartenenti a tre generazioni. I loro lavori, seppure con diversi linguaggi visivi, parlano dei mondi personali degli artisti e riflettono annotazioni individuali sull’esistenza piuttosto che eventi politici o sociali. Rappresentano l’attuale situazione stilistica della scuola lubianese e si pongono in uno stimolante confronto con gli italiani, utile per capire come nel resto d’Europa l’incisione sia molto apprezzata e ci sia consapevolezza del valore del “multiplo” numerato fatto dall’artista (e non stampato dalla tipografia), diverso dall’unicum e anche dal monotipo che si ha oggi con le tecniche sperimentali.
Va sottolineato che la rassegna è riservata alle opere incisorie, cioè calcografiche, bulino, puntasecca, maniera nera, acquaforte, acquatinta, vernice molle, tecnica mista, exilografiche, su legno di filo e su legno di testa, linoleografiche e su altri materiali affini, con esclusione di litografia, serigrafia e di ogni procedimento fotomeccanico.
Nel complesso una panoramica suggestiva attraverso gli sviluppi più maturi dell’arte incisoria contemporanea e le prospettive di rinnovamento, con ambizioni anche didattiche che si rivelano nel video illustrativo che introduce alle tecniche di questa disciplina, nella bacheca che espone matrici e strumenti, nelle ricche didascalie, nelle visite guidate (durante i fine settimana grazie all’Associazione “Lorenzo Lotto”) e nel programma di seminari teorici e pratici aperti a tutti per ampliare le conoscenze su quest’arte che verranno proposti durante il periodo di apertura della mostra. L’ingresso è libero.
Articoli correlati:
L’acquaforte come favola
L’incisione di due Maestri: Piranesi e Goya
N.F.
“Il segno e la memoria”
Biennale dell’incisione contemporanea
Italia – Slovenia 2000
Premio Tiepolo
dal 18 novembre 2000 al 21 gennaio 2001
Barchessa di Villa Morosini – XXV Aprile, via Mariutto 1, Mirano (Venezia)
Organizzata dal Comune di Mirano in collaborazione con l’Associazione Incisori Veneti di Venezia e col Centro Internazionale di Arte Grafica di Lubiana
Curatori Mario Esposito e Giorgio Trentin
Allestimento Simonetta Niero e Carla Bolzonella
Catalogo Marsilio
Orario: 10 – 12 e 14 – 18, sabato e domenica 10 – 12 e 14 – 17.30, lunedì chiuso
Ingresso gratuito
Informazioni: Ufficio Cultura, tel 041-431028
e-mail ufficioculturamirano@libero.it
www.provincia.venezia.it/comune.mirano/Cultura/frame_cultura.htm
[exibart]
mai piaciuta l’opera d’incisione…sempre ritenuta poco illuminante daò punto di vista della creatività. Devo rivedere qualcosa oggi come oggi?
Giuseppe Zigaina (+o-): “Per me l’acquaforte è come un sogno e, in quanto tale, la tecnica più intima”. Che piaccia o meno, almeno questo dimostra che la creatività non è in discussione.
Ah, dimenticavo: la citazione viene dal discorso fatto da Zigaina all’inaugurazione della sua mostra a Rovigo sabato scorso. Rimando all’articolo per il resto.
Per Sigolo: chi ha detto che il sogno sia creativo? Il sogno sarà fantasioso semmai! e comunque credo esistano differenti mezzi espressivi più indicati per “manifestare” che il lasciarsi andare ad un risultato ipotetico qual’è l’incisione. Aspetti ora, non infierisca: intendo dire che la preparazione a punta secca o bulino, o altro richiede uno spazio di casualità elevato; non l’artista a comporre (se non nella sua testa) ma il mezzo.
Non è nel mio carattere di infierire, penso lo si sia ormai capito. Anzi spesso mi infastidisce il tono polemico gratuito di certo dialogo in internet (non parlo di quello di Ex che, in genere, è molto civile).
Circa la nostra questione, siamo entrati in un campo minato: sogno, creatività, fantasia, opera, ipotesi. Siamo ai dialoghi sui massimi sistemi. Se vuole possiamo continuare in questo campo, finendo per parlare di cos’è l’arte e di dove viene. Il mio intento, citando il sogno, era solo di ricondurre l’incisione ad una dimensione intima dell’artista, che bene Zigaina ha descritto assomigliandola ad una sorta di sonno vigile nel quale alla fase creativa contribuiscono cose come il ricordo, l’esperienza. Credevo così di liberare il campo dalle solite accuse di meccanicità e mancanza di slancio rivolte alla grafica. Ma prima di continuare, c’è una cosa sulla quale non c’intendiamo: perché parla di casualità della tecnica incisoria che piuttosto a me sembra tutto all’inverso? Esistono le p.d.s. e le p.d.a. (prove di stampa e di autore) che precedono la tiratura finale e che servono per controllare esattamente i risultati del proprio lavoro: hanno, queste, un loro mercato, perché comunque rappresentano un unicum, ma soprattutto hanno la precisa funzione di “controllare” il risultato dell’opera. Inoltre: come spiega che il nostro pittore forse più maniacale, nella preparazione tecnica dei colori, dei supporti, della preparazione di questi ultimi, e cioé Morandi, abbia avuto una sterminata produzione grafica (per altro di altissima qualità e valore economico)? Le dirò che questo dimostra che Morandi vedeva nella grafica proprio un mezzo per creare in modo molto sorvegliato opere sulle quali egli si induceva a lavorare con perizia e precisione quasi da orafo. Mai avrebbe accettato il buon Morandi di lavorare con strumenti che non gli dessero l’esatta garanzia di un risultato che corrispondesse esattamente alle previsioni, fin nei più piccoli particolari. Tenga conto che se togliamo al lavoro di Morandi tutto ciò (la finezza del segno, lo studio delle ombre, la levigatezza delle superficie, la delicatezza del registro cromatico) lo derubiamo di una bella fetta del suo valore. Preferisco fermarmi qui, per ora, altrimenti mi dilungo troppo. Ma andiamo pure avanti, un passo alla volta. Spero di risentirla.