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fino al 27.V.2002 Roma 1948 – 1949 Arte, cronaca e cultura dal Neorealismo alla Dolce Vita Roma, Palazzo delle Esposizioni
roma
Quel che accadde a Roma tra il 1948 e il 1959, ce lo racconterà una mostra allestita da domani a Palazzo delle Esposizioni. Dipinti, sculture, documentazione fotografica, video, abiti e costumi teatrali per un decennio: dal Neorealismo alla Dolce Vita. ExibArt ha incontrato Giulia Mafai, curatrice per la sezione dedicata alla moda...
Come è nata l’idea di questo allestimento?
Il progetto di questa mostra nasce come seguito del grande successo che ha avuto l’altra mostra, quella su Roma nel 1944. È stato un successo inaspettato e direi che lo stesso comitato scientifico si è trovato quasi ‘obbligato’ a continuare questo discorso… cos’è successo a Roma dopo il ’44? E allora gli organizzatori hanno pensato di raccontare questa Roma, dal ’48 al ’60: grossomodo dalle macerie della guerra, dal Neorealismo fino alla Dolce Vita.
Anche perché prendendo in attenzione questo decennio ci siamo accorti che è incredibile quante cose siano successe a livello culturale. Chi ha vissuto quei momenti lì per lì non se ne è accorto. Poi guardandosi indietro, voltandosi, pensa: ma non è possibile che la sera si incontrava Moravia, si andava a prendere il caffè con Fellini, si salutava Mastroianni, s’incontrava Micol Fontana con le sue indossatrici…a quell’epoca tutto era normale… Roma era molto più piccola… si camminava tranquillamente: andare da Piazza del Popolo a Via Veneto era una passeggiata, lo facevamo più di una volta al giorno. Essere presenti alla prima di uno spettacolo di Visconti non era un obbligo mondano, ma ci sembrava obbligatorio proprio per essere al corrente, per essere vitali, per poter seguire i fatti culturali, per partecipare alle polemiche.
Ecco sono stati dieci anni straordinari in ogni campo.
Un decennio che sembra un concentrato quasi irrepetibile, di personaggi, di eventi. Cosa ricorda?
Ti dirò che eravamo tutti quanti molto più poveri e tutti quanti molto più ricchi. Molto più poveri perché ci potevamo permettere poco o niente… però eravamo molto più ricchi di entusiasmo, eravamo convinti – come poi è stato – di aver creato un clima culturale che non c’era negli anni precedenti.
Chi aveva trent’anni era stato chiuso in un provincialismo politico legato al fascismo, per cui l’Italia era l’ombelico del mondo; dopo la guerra ci siamo resi conto che, forse, culturalmente eravamo un pochino indietro… c’era l’America con Pollock, c’era il cinema francese… piuttosto che sentirci oppressi da questa avanguardia che proveniva da fuori ci siamo sentiti più stimolati…
Dentro di noi avevamo tanti desideri repressi al livello culturale, al livello di vita, al livello di conoscenza che poi sono esplosi in questo straordinario decennio, in cui c’era Moravia, ma c’era Antonioni, c’era Fellini, ma c’era Flaiano con le sue battute micidiali all’arsenico, c’era Mafai, ma c’era tutta la nuova generazione di Perilli, di Dorazio che si stava facendo strada, c’era Fontana che incominciava a fare i buchi nelle tele e c’era de Chirico che era considerato amabilmente un vecchio pater familias un po’ pompier… perché noi consideravamo assolutamente superato – sebbene poi un’arte non sia mai superata – . Ti dirò è stato un momento straordinario da questo punto di vista e poi anche, alla base di tutto, forse sarebbe carino sottolinearlo, c’era una grande gioia di vivere…
Può dirci qualcosa dell’allestimento?
Ci sarà… tanta roba! Siamo tanti curatori: Maurizio Fagiolo dell’Arco per l’arte, di Puolo per quanto riguarda l’architettura, Luisi per la letteratura, Borgna per la musica… credo che sia bella, questa mostra perché non c’è un solo curatore: all’inizio può sembrare un difetto, invece secondo me può anche diventare una qualità, perché ognuno di noi ha portato nel proprio settore la propria personalità, il proprio modo di vedere le cose, ognuno va per conto suo e credo che i risultati siano molto interessanti…
Nel mio settore ho dei modelli bellissimi degli anni Cinquanta, in parte fatti sulle telette francesi – quando le sartorie italiane imitavano la moda francese – altri invece assolutamente invenzioni italiane. Ho dei costumi straordinari di Salvador Dalì per la Rosalinda di Così è se vi pare, per la regia di Visconti, ho il bozzetto di Maria de Matteis per Audrey Hepburn in Guerra e pace di King Vidor…
Lei ha curato la sezione relativa ai cambiamenti nella moda e nel costume: un percorso attraverso le coordinate insolite delle creazioni di sartoria e degli abiti di scena. Può tracciare una piccola mappa di quel che è successo tra il 1948 e il 1959?
La moda italiana si era sempre sentita la sorella minore, una sorta di cenerentola rispetto alla moda francese. Alla fine della guerra c’è stato un uomo straordinario, un antiquario di Firenze ed è stato lui a dare – come dire – il coraggio, l’entusiasmo a un gruppo di sartorie italiane per debuttare con un grande defile con creazioni assolutamente inedite, in un certo senso fregandosene completamente della tradizione francese. Queste sartorie italiane, di cui ben sei erano di Roma – ricordiamo Fontana, Antonelli, Fabiani e il giovanissimo Capucci – hanno cominciato come traballando, come dei bambini che fanno i primi passi… ma hanno avuto un successo talmente straordinario, sia nella stampa americana che nella stampa francese che si è addirittura parlato di bomba italiana, che hanno avuto il coraggio di proseguire e di andare avanti.
Praticamente è nato il made in Italy: la moda italiana svincolata dai legami della moda di Parigi.
La stessa rivoluzione è avvenuta nel costume teatrale e nel costume cinematografico… fino a quell’epoca c’era ancora il concetto del teatro con il grande mattatore e non si faceva caso alla messa in scena. Nel dopoguerra le regie sono state affidate a persone straordinarie – ad esempio come Visconti – che avevano una tradizione culturale, che hanno chiamato a collaborare con loro dei grossi scenografi e dei grossi costumisti: tanto per fare il nome di Mario Chiari come scenografo, di Maria de Matteis come costumista, di Pierino Tosi, di Coltellacci. Con questa miscela è venuto fuori un teatro che fino ad allora non si era mai visto…
Per quanto riguarda il teatro dell’opera c’è stata una persona straordinaria che vale la pena di sottolineare, un coreografo ungherese, che ha lavorato molto in Italia e che ha avuto la possibilità di avere carta bianca nell’allestimento dei balletti. Lui ha portato musicisti moderni Bartok, Pizzetti, Petrassi ed ha chiesto e ottenuto la collaborazione di grossi artisti per l’allestimento. Invece di quei costumisti bravissimi ma storicizzati anche molto – come dirti –polverosi, lui ha chiamato Cagli, Mirko, Casorati, Mafai, de Chirico…
E questi artisti hanno portato il loro mondo pittorico: un’operazione di svecchiamento straordinaria che sarebbe riuscita a provocare anche le generazioni successive.
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maria cristina bastante
Roma 1948 – 1949 Arte, cronaca e cultura dal Neorealismo alla Dolce Vita
Ideata da Maurizio Fagiolo dell’Arco, la mostra è curata da: Miriam Mafai (cronaca e storia), Maurizio Fagiolo dell’Arco e Claudia Terenzi (arti figurative), Maurizio Di Puolo (architettura), Daniela Fonti (arti decorative), Gianfranco Capitta, Renzo Tian, Guido Di Palma (spettacolo), Luciano Luisi e Silvana Cirillo (letteratura), Gianni Borgna (musica), Giulia Mafai (moda). La documentazione fotografica è curata da Franco Lefèvre; ricerca e regia del materiale audiovisivo a cura di Paolo Luciani e Cristina Torelli; regia espositiva e progetto di allestimento di Maurizio Di Puolo in collaborazione con Lucio Turchetta.
Palazzo delle Esposizioni – Via Nazionale 194, 0648941230, lun_dom 10-21 ch mar ingresso 7,75euro/L.15.000 info@palaexpo.com www.palaexpo.com
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