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C’è stato chi ha scritto che quella di Basilè è un’arte digitale ma anche fisica, per molti aspetti scioccante eppure raffinata e poetica. Il critico era Luciano Marucci ed eravamo all’inizio del 1998, quando l’artista era poco più che esordiente.
Queste prerogative valgono ancora, se non di più. Negli ultimi tre anni l’arte di Basilè è diventata ancora più ricercata, nel senso estetico del termine, ed ha raggiunto una sorta di purezza formale che è esaltante e straniante al tempo stesso. Un’arte fredda, lavorata con mezzi freddi, che vanno dalla fotografia alla plotter painting, e che rendono tutto estremamente meccanico e sintetico. Ma forse in effetti, come sostiene lo stesso artista, è proprio questo il suo fascino.
Nello spazio Project del Ponte, le pareti ospitano una serie di stampe e due lightbox. Non più ritratti di persone, come nei lavori precedenti, ma oggetti, forse simboli: il sacro cuore ed intuizioni di corpi, una bambolina dalle fattezze orientali persa in un turbinio di colori accesissimi. Per chi si aspettava di vedere un nuovo lavoro di Basilè, un po’ di delusione c’è stata, ma la speranza disattesa non impedisce di gustare appieno la smagliante kermesse di colori e forme che caratterizzano la produzione del giovane artista romano, in costante ed incessante peregrinare negli archivi della memoria e dell’anima per estrapolarne tutto il possibile e rimetterlo in discussione, con l’ironia e la curiosità che da sempre muovono la sua ricerca.
Del tutto diversi invece i lavori di Oliviero Rainaldi, esposti nell’altro spazio della galleria. Le tre grandi tele sono infatti quanto di più lontano si possa immaginare dalle sofisticate sperimentazioni di Basilè.
Rainaldi sembra recuperare la lezione della antica tradizione rinascimentale –con il suo senso del sacro e il suo carattere “elevato”-, sovrapponendo colore su colore, in campiture larghe e piatte, per realizzare possenti masse plastiche nei toni del bianco e del verde intenso.
Le figure, a prima vista semplicemente abbozzate, emergono dallo sfondo con una forza imprevista ed inaspettata, se si pensa alla precedente produzione dell’artista. Rispetto ai lavori degli anni ‘90, Rainaldi sembra aver trovato una propria dimensione, soprattutto in queste ultime opere, in cui è sviluppato il tema della conversazione secondo tre differenti aspetti: il dialogo di due amanti, il soliloquio, lo scontro. Le figure tratteggiate dall’artista sono eteree, quasi evanescenti, lontane dal mondo reale, chiuse nella loro totale solitudine, come i due titani che lottano, impegnati in uno scontro eterno, come sospesi tra il cielo e la terra.
Un duo inaspettato quello del Ponte. Ma non fate alcun confronto. Sarebbe decisamente scontato e banale. Oppure no?
Paola Capata
Mostra visitata il 15.V.2001
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Tutti i giorni ore 12-19 chiuso domenica
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