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fino al 4.I.2004 Paola Pivi Roma, MACRO
roma
Dopo l’asino in barca, le zebre sulla neve. E’ l’ultimo progetto di Paola Pivi per la sua prima personale in un museo italiano. Tre grandi stampe definiscono un nuovo surrealismo contemporaneo. Realistico perché armonico e realmente vissuto. Assurdo nella sua perfetta credibilità…
Tutti i lavori di Paola Pivi sono un tributo alla potenza dell’immaginazione. Lontani da ogni intento polemico o provocatorio, nascono da una volontà di plasmare il mondo, mutando l’orizzonte visivo convenzionale. Il camion girato su un fianco, l’aereo messo sulla pancia -come guardasse il cielo da sdraiato- il divano in miniatura imbevuto di profumo: realtà che germinano spontaneamente da una mente assorta. E che diventano situazioni concrete, tangibili, invadenti.
Protagoniste della mostra romana sono delle zebre. Dopo l’asino in piedi sulla barchetta, visto negli Interludes dell’ultima Biennale di Venezia, gli animali africani vengono trasportati -con uno spostamento che è, ancora una volta, prima mentale e poi reale- sullo sfondo di un paesaggio innevato: le cime bianche del Parco Velino-Sirente, in Abruzzo.
In tre grandi stampe digitali -si è parlato a spropostito di installazione- l’artista ricostruisce un’atmosfera di chiaro stampo surrealista. La forza dell’operazione sta nel suo essere, allo stesso tempo, eclatante e discreta. Nonostante l’evidente anomalia della situazione, l’immagine risulta armonica e naturale; la raffinatezza estetica e l’equilibrio intrinseco della visione sembrano bilanciare la sua assurdità concettuale. Lievi, ma fastidiosi, alcuni difetti di assemblamento delle stampe.
Paola Pivi spiazza senza scioccare, si muove leggera sulla realtà e ne riconfigura l’assetto. E affascina la sua fiducia nel linguaggio dell’arte. Autonomo e autosufficiente. Dichiara in chiusura della lunga intervista con Laura Cherubini, curatrice della mostra: “Secondo me un’opera non ha bisogno che chi la vede conosca l’arte, o abbia la coscienza di stare guardando un’opera d’arte, l’opera funziona comunque. E quindi ho il dubbio che questi animali abbiano visto un’opera d’arte.”
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valentina tanni
Paola Pivi, a cura di Laura Cherubini
MACRO, via Reggio Emilia 54 (Porta Pia) www.comune.roma.it/macro, macro@comune.roma.it, 0667107900, mrar_dom 9-19, festività 9-14, ch lun, ingresso intero 5.20 euro, ridotto 4,20 euro, catalogo Electa 25 euro
[exibart]
Ho fatto vedere queste immagini a mio fratello che è psicologo: dice che se ci zuchiamo questa robaccia insulsa come fosse arte allora significa che stiamo proprio male.
Ho cercato di convincerlo che la Pivi è al top, e lui, incredulo, dice che ci deve essere qualcosa sotto perchè questa è merda.
Eh sì, sveglia ragazzi, è ora di dare spallate alle pivi.
lasciagli fare lo psicologo a tuo fratello,
che mi sa che di arte non ciazzecca
cordialmente
…povera mamma…
Giorgio, io ho letto questa frase della pivi:
“Secondo me un’opera non ha bisogno che chi la vede conosca l’arte, o abbia la coscienza di stare guardando un’opera d’arte, l’opera funziona comunque”.
E mi sono permesso di far guardare questa cacata al primo che mi sono trovato davanti che non fosse uno del settore.
Alla fine la Pivi ha ragione, che tu abbia o non abbia passione per l’arte non cambia niente, se un lavoro è una merda resta una merda.
bell’articolo, valentina.
ma…che le zebre vadano molto di moda? Piagnatelli le aveva già ammansite almeno un anno fa…e pure aveva dipinto la neve!
Se questa è l’arte italiana ….
poveri noi