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Il monito lo lancia il “Quotidiano di Sicilia”. E non è molto politicamente corretto, ma fa riflettere. Il tema? Un impietoso parallelo Palermo-Bilbao in fatto di promozione “culturale”. La città spagnola fino a quindici anni fa era meta dall’estremismo basco, con probemi di tossicodipendenza e di periferie invivibili ma, dal 1997, col Guggenheim molto è cambiato. Superati nel 2010 i dieci milioni di visitatori, il “contenitore” più famoso del mondo ha risollevato le sorti della zona. Un’operazione che, più che artistica, è di marketing turistico. E non andrebbe di certo male nella fantascientifica ipotesi che un progetto del genere coinvolgesse la Sicilia, se ne parlò anni fa, ma forse è necessario operare qualche distinguo. Primo: il fatto che le diverse frange politiche dovrebbero mettersi d’accordo, operazione non facile in Sicilia, dove speso tutti sono contro tutti. Secondo: il Guggenheim di certo non opera “per carità”, ma dovrebbe veder garantita qualche entrata fatta di numeri a diversi zeri. E chi ci scommetterebbe attualmente? Certo, si risanerebbe una buona fetta della regione se vi fosse una struttura in grado di chiamare al suo cospetto un milione di visitatori l’anno, ma è altresì vero che la maggior parte del pubblico che vola su Bilbao lo fa per immortalare il colosso di Gehry più che per l’arte (la mostra più visitata di sempre resta “The Art of motorcycle”), e per “consumare” un po’ quello che il terziario offre.
E anche se l’attuale situazione di Palermo ricorda quella della vecchia città spagnola viene da chiedersi se il confronto, e la necessità di fare incassi con la cultura, non sia più equo stando nei paraggi della Sicilia e guardando proprio a quelle regioni, come Puglia e Calabria, che in tempi recenti hanno destinato cospicui fondi alla promozione dell’arte, contemporanea e non, mentre i colleghi oltre lo Stretto tagliavano. E litigavano.
Non per essere reazionari o smorzare rosee prospettive, ma la soluzione di un mega-museo sembra abbastanza improbabile. Così come sono quasi inconcepibili i confronti: dopo il 2010 si è calcolato che l’impatto totale sull’economia regionale dei Paesi Baschi per merito del Guggenheim sia stato di oltre 800 milioni di euro con un totale di un milioni di ingressi all’anno contro i 261mila registrati dai musei e monumenti palermitani. Detta così c’è da mettersi le mani nei capelli, ma è necessario anche guardare alla politica autonoma della comunità basca, ben più coesa, contro lo statuto speciale dell’isola. Eppure, come rimarca Elisa Bonacini nel suo articolo, sulle risicate cifre della cultura siciliana «pesano enormemente le gratuità –ovvero che- se si fosse deciso di far pagare l’obolo di un euro nelle casse del nostro assessorato sarebbero entrati quasi due milioni di euro in più». Insomma, che sia il caso di cercare una soluzione è chiaro a tutti, ma che la soluzione sia di punto in bianco l’apertura di un improbabile museo “star” forse va un po’ rivista. Proprio in relazione al territorio.
La Sicilia e Palermo in particolare – non hanno bisogno di cattedrali o astronavi calate dall’alto, di ponti sullo stretto. Se ha bisogno di un milione di turisti in più, ha tutte le risorse naturali e storiche (ma non le infrastrutture) per attirarli. La storia del Museo Riso o dei Cantieri Culturali alla Zisa non ci dicono niente? E i quasi 20 necessari per riaprire il Teatro Massimo? La classe politica siciliana è medioevale, una macchina specializzata nel drenare e spartire denaro da qualsiasi ente pubblico, dal Comune alla Comunità Europea. Ed è tristemente lo specchio di un pubblico anche quello più colto e benestante, che non è mai stato disposto a pagare un biglietto d’ingresso per una mostra o un concerto. Il Guggenheim? Sarebbero capaci di ridurre il giocattolo in pezzi dopo cinque anni!!
PS: Lo so, la mia è l’amarezza di un siciliano che ha fatto le valigie 20 anni fa. Ma lucida.
L’articolo La Sicilia non copia il modello museale di Bilbao di Elisa Bonacini pubblicato dal Quotidiano di Sicilia il 16 febbraio è mal documentato e pretestuoso. Come si può paragaonare una città come Bilbao, con il suo passato di industrie pesanti, a Palermo. E perché Palermo dovrebbe aver bisogno di copiare Bilbao?
L’articolo è zeppo di luoghi comuni sui Paesi Baschi e sul capoluogo di Biscaglia che, tra parentesi, non è mai stato l’epicentro del terrorismo dell’Eta.
Sapete quanti milioni di euro di tasse si incassano nei Paesi Baschi? Sapete qual è il fatturato delle loro aziende?(banche, compagnie di assicurazioni, società di servizi, cooperative presenti in tutto il mondo). Sapete che nei Peasi Baschi c’è il reddito pro capite tra i più alti d’Europa?
Per dirla in poche parole, il Guggenheim è stato il regalo che i bilbaini si sono fatti, la ciliegina sulla torta di un piano di rinnovamento, rigenerazione, riqualificazione e rilancio della città. Il riferimento alla tossicodipendenza poi… E’ stato un grave problema alla fine degli anni 70 e negli anni 80. Ma perché, nel resto d’Europa e in Sicilia come stavano le cose?
Parole a vanvera che illudono i siciliani e diffamano i baschi.
Salve, come già commentato sul sito del QdS rispondendo alla sig.ra De Angelis, non si voleva diffamare i Baschi parlando del Guggenheim di Bilbao, anzi.
Si è presentato il caso di Bilbao come esempio d’investimento e pianificazione culturale a lunga durata. Gli abitanti di Bilbao e la provincia basca si sono fatti un regalo che, insieme alla riqualificazione infrastrutturale urbana, ha impattato sulla vivibilità della città e sull’economia locale e nazionale. Questo museo è considerato un modello negli studi di Economia della Cultura (al pari del restyling di Torino per i XX Giochi Olimpici Invernali, che ha cambiato profondamente il grado di attrattività culturale della città) e come tale era stato presentato nell’articolo in questione (fra l’altro appositamente confezionato dalla redazione con lo scopo di suscitare qualche polemica). I dati del suo impatto non sono inventati dal nulla ma ricavati dallo studio commissionato alla KEA European Affairs dalla UE (Dir. Gen. per l’Educazione e la Cultura) e pubblicato nel 2006 e dalle comunicazioni rilasciate dallo stesso Direttore del Museo.
Il senso dell’articolo, che non sembra sia stato colto, stava nell’indicare la necessità e l’urgenza di una vera pianificazione culturale a lunga durata(di cui certamente i nostri decisori politici non sono capaci) e dispiace che sia stato frainteso.
Nessuno voleva denigrare le bellezze di Palermo (e della Sicilia tutta che ne avrebbe di che viverci) e nemmeno illudere i siciliani ma semplicemente indicare un esempio del circolo virtuoso che gli investimenti in cultura sono in grado di generare (certamente l’esempio più eclatante), e come tale è stato presentato. Non a caso, rileggendo l’articolo ed evidentemente riferendomi alla inutilità di calare “cattedrali” o “astronavi”, dicevo: “Palermo, come l’intera Sicilia, non ha bisogno di creare attrattività culturale dal nulla. La Geografia, col suo clima e i suoi paesaggi, e la Storia, col suo svolgersi di secoli e dominazioni, hanno lasciato ai siciliani tutti un patrimonio immenso e inestimabile: avremmo già le carte in regola per poter ‘vivere’ di questo, eppure ciò non accade”.
Ricordo, infine, che i titoli non vengono scelti da chi scrive gli articoli, ma dalla redazione e nell’articolo non si diceva di “copiare” Bilbao, ma di trarne, almeno, qualche insegnamento.
Cordiali Saluti