22 luglio 2012

Un’importante metropoli che cerca il riscatto: Chicago lo fa con un programma d’arte, ma molto speciale

 

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Chicago, terza città statunitense per popolazione e perenne Cenerentola rispetto alle rivali New York e Los Angeles. Eppure è al settimo posto nella classifica mondiale per visitatori stranieri nel 2011 e in coda dopo Strasburgo, Seattle e Singapore come “meta dell’innovazione”. Una posizione che potrebbe salire, visto che il sindaco Rahm Emanuel ha promosso un piano per costruire una sorta di patrimonio artistico e culturale all’indomani del suo secondo anno in carica. E ha stilato il programma “Transition team”, iniziando dalla base, ovvero dalla necessità di rendere la città un luogo più facile per gli artisti, dove poter vivere e lavorare. Le sovvenzioni sono aumentate da parte del Dipartimento degli Affari Culturali ed eventi speciali, e una clausola del piano propone il “BuildYear School-to-Work”, un programma che aiuterà gli artisti a trovare un lavoro appropriato nel loro primo anno dopo la laurea al college, così come la fellowship “Artist360” che dovrebbe mettere gli artisti al lavoro in attività di pianificazione urbanistica e servizi sociali. Un’altra iniziativa riguarderà la produzione di alloggi a prezzi accessibili riservati ai creativi e creerà un sistema completo per rendere le proprietà pignorate a disposizione di un nuovo “uso culturale”.
Un modo per rivalutare alla base una città che, nonostante la ricchezza dei musei della città, le gallerie, teatri, biblioteche e università, spesso si sente sottovalutata. Come parte degli sforzi volti a migliorare la posizione di Chicago in “destinazione a livello mondiale per la creatività, l’innovazione e l’eccellenza nelle arti” il piano avrà anche una serie di start up con artisti internazionali, designer e architetti, nonché “Cultural Laureate Program”, per far convogliare a Chicago associazioni e organizzazioni per l’arte a livello mondiale, perché trovino la possibilità di aprire nella capitale americana nuove sedi e di ampliare l’offerta. Un progetto degno di una grande volontà di rinnovamento, dalla base, anche se Joyce Fernandes, direttore del no-profit “architreasures”, che ha una vasta esperienza nella riconversione di spazi pubblici per le arti, ha parlato di una “gentrificazione” del centro della città, che non cambierebbe di molto la situazione di quelle comunità delle periferie che invece del “collante-arte” avrebbero molto bisogno nel loro tessuto. Ma non si mai che, portando un po’ di attenzione in più sull’arte in città, non si possa iniziare a coinvolgere i diversi tessuti sociali della popolazione.

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