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La sentenza del TAR del Lazio, che ha portato alla sospensione dall’incarico cinque superdirettori di musei e siti culturali nominati nell’ambito della Riforma voluta da Franceschini nel 2015, è stata un fulmine a ciel sereno. Arrivata proprio nei giorni in cui venivano pubblicati tutti i numeri delle affluenze che, tra ponti e festività varie, sono in aumento rispetto agli anni scorsi, non ha comunque trovato impreparate le difese del MIBACT. A parte le dichiarazioni a caldo su Twitter e le nomine pro tempore dei direttori supplenti (di cui abbiamo scritto qui), ad anticipare tutti è stata di Mauro Guerra, deputato del PD, che ha presentato in Commissione Bilancio un emendamento nell’ambito della manovrina all’art. 22.
«Nella procedura di selezione pubblica internazionale non si applichino i limiti previsti dalle norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione che impediscono ai cittadini Ue di accedere a posti che implichino esercizio diretto o indiretto dei poteri ovvero non attengono alla tutela dell’interesse nazionale», c’è scritto nel testo firmato dal deputato e consegnato già 24 ore dopo la deposizione della sentenza.
Tutto è nato da interpretazioni diverse della disciplina stabilita dall’articolo 38 del decreto legislativo 165 del 2001. Secondo il capo del legislativo del MIBACT e del MIUR la deroga già esiste, presente nel decreto legge del 2014 sulla riforma del musei statali, dove si afferma di «adeguare l’Italia agli standard internazionali in materia». Ma per il TAR questo non basta, perché «se il legislatore avesse voluto estendere la platea» ai cittadini non italiani lo avrebbe detto chiaramente.
Rimangono, comunque, altri due nodi: i criteri magmatici per l’assegnazione dei punteggi e la poca trasparenza nelle procedure di selezione. E solo il Consiglio di Stato, al quale Franceschini farà ricorso, potrà scioglierli definitivamente.