13 novembre 2017

La rivoluzione dei musei compie tre anni. E i direttori danno i numeri della Riforma Franceschini

 

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«È un bilancio entusiasmante, la riorganizzazione del Ministero sta dando i suoi frutti. I numeri testimoniano una radicale inversione di tendenza, dovuta alle importanti novità introdotte con il sistema museale nazionale». A parlare è Dario Franceschini, in occasione della convocazione degli stati generali dei musei, a tre anni dalla riforma che diede vita al nuovo sistema costituito dalla Direzione Generale Musei, articolata sul territorio in 17 Poli Museali Regionali e in 32 Istituti con piena autonomia tecnica e scientifica, ognuno dotato di un proprio statuto, di un bilancio e di aree funzionali, dalla cura delle collezioni al marketing, dal fundraising all’amministrazione. 
Presenti questa mattina tutti i direttori dei Musei autonomi, Peter Assmann, del Palazzo Ducale di Mantova, Peter Aufreiter, della Galleria Nazionale delle Marche, Martina Bagnoli, Gallerie Estensi, Sylvain Bellenger, Museo di Capodimonte, Serena Bertolucci, Palazzo Reale di Genova, James Bradburne, Pinacoteca di Brera, Anna Coliva, Galleria Borghese, Cristiana Collu, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Paola D’Agostino, Museo Nazionale del Bargello, Eva Degl’Innocenti, Museo Archeologico Nazionale di Taranto, Mauro Felicori, Reggia di Caserta, Flaminia Gennari Santori, Gallerie Nazionali d’Arte Antica di Roma, Paolo Giulierini, Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Cecilie Hollberg, Galleria dell’Accademia di Firenze, Carmelo Malacrino, Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, Paola Marini, Gallerie dell’Accademia di Venezia, Massimo Osanna, Parco Archeologico di Pompei, Enrica Pagella, Musei Reali di Torino, Marco Pierini, Galleria Nazionale dell’Umbria, Eike Schmidt, Gallerie degli Uffizi, Gabriel Zuchtriegel, Parco Archeologico di Paestum. 
A parlare, ovviamente, numeri e dati, con il record di 45,5 milioni di ingressi nel 2016, con circa 175 milioni di euro di incassi, un trend di crescita positivo e confermato anche nel 2017, con i visitatori tra gennaio e settembre cresciuti del +9,4%, e gli introiti aumentati del +13,5%. Queste le regioni più virtuose in termini di visitatori e incassi: Liguria (rispettivamente +22,7% e +8,4%), Puglia (+18,3% e +13,5%), Veneto (+20% e +73,7%), Friuli Venezia Giulia (+13,7% e +19,2%), Toscana (+10,5% e +14,9%) e Campania (+10,8% e +13,9%). 
Capitolo a parte è dedicato ai 30 musei autonomi, che registrano un incremento del numero di visitatori di +11% e un aumento degli incassi di +14,5%. Questa tendenza fa prefigurare il possibile raggiungimento di 50 milioni di visitatori, un altro record per il 2017. Gli istituti con il segno più verde sono la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma (+84% visitatori e +182% introiti), le Gallerie dell’Accademia di Venezia (+83,2% visitatori e +205,8% introiti), seguiti dal Museo di Capodimonte (+55% visitatori e +29,8% introiti) dalla Reggia di Caserta (+23,3% visitatori e +27% introiti), dai Musei Reali di Torino (+20,5% visitatori e +13,3% introiti) e dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli (+19,9% visitatori e +73% introiti). Nel 2017 i grandi attrattori mantengono uno sviluppo costante: è il caso del Colosseo (+10,2% visitatori e +9,3% introiti), delle Gallerie degli Uffizi (+14,6% e +15,1%), della Galleria dell’Accademia di Firenze (+11,3% e +11,8%) e della Pinacoteca di Brera (+12,7% e +16,6%). 
A cosa sono dovuti tutti questi segni positivi? Secondo Franceschini la riposta è chiara: alle attività trasversali del MIBACT, come le domeniche gratuite, l’art bonus, le massicce campagne di comunicazione sui social e in televisione. 
«Grazie alla riforma abbiamo potuto attuare la nostra mission, che era da una parte creare un forte legame con i milanesi e dall’altra rimettere il visitatore al centro dell’esperienza museale. L’aumento dei visitatori è ovviamente un dato importante, ma in parte è anche legato ai flussi turistici mondiali, mentre è più significativo il fatto di aver riallacciato rapporti con la città. Abbiamo fatto un grande lavoro, con grande impegno, per riallestire la pinacoteca e siamo a metà strada», ha detto il direttore della Pinacoteca di Brera, James Bradburne. 
«Quando sono arrivato a Capodimonte ho cominciato dalla cura del Bosco, dall’organizzazione degli uffici di direzione, poi abbiamo lanciato una politica culturale che prevede grandi mostre come quella su Picasso. Ma la vera chiave di volta resta la scelta geniale di unire sotto un’unica direzione museo e bosco: questo fa di Capodimonte un campus culturale unico con 17 edifici che dovranno avere ognuno una propria destinazione culturale, dalla Fondazione Muti per la musica napoletana a quella sulla Fotografia in nome di Mimmo Jodice, al Centro per le grandi città portuali. Il futuro di Capodimonte va senz’altro in questa direzione», ha commentato Bellenger, direttore del Museo di Capodimonte. 
«Da quando sono arrivato due anni fa, abbiamo riportato la ricerca al centro delle attività del museo, valorizzando l’aspetto della produzione culturale. Abbiamo anche aperto un dipartimento per le scuole e i giovani, un altro per la comunicazione digitale e un altro curatoriale, di sviluppo e ricerca. Sono aumentate anche le mostre, dalle quali sono emerse novità scientifiche. I restauri sono stati tantissimi. Per noi, la condivisione e la formazione è centrale. L’obiettivo da qui al 2019 è quello di rafforzare la ricerca e l’educazione e rendere più operativa la macchina degli Uffizi», ha spiegato Eike Schmidt, che a fine mandato andrà a Vienna, come direttore del Kunsthistorisches museum.

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