19 gennaio 2018

Riapre la Grotta di Cocceio, nel Parco dei Campi Flegrei. Il sito sarà proposto all’Unesco

 

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Nel I Secolo a.C., era una infrastruttura di grande rilevanza strategica, un’ampia galleria di un chilometro, scavata nel tufo, per collegare Cuma con la sponda occidentale del Lago d’Averno. Venne usata anche durante la II Guerra Mondiale, come deposito di esplosivi e, fatta brillare dai tedeschi durante la ritirata, subì pesanti danni che ne determinarono la chiusura. La Grotta di Cocceio è stata dimenticata fin dai primissimi anni del dopoguerra ma tra gennaio e febbraio finalmente ritornerà fruibile al pubblico. Iniziati a maggio del 2017, sono ormai quasi conclusi i necessari lavori di restauro e consolidamento, come la realizzazione di opere di contenimento dei terrapieni e la verifica dell’impianto di illuminazione, sia spetta solo l’annuncio ufficiale da parte della Soprintendenza. 
Secondo le notizie riportate da Strabone, il traforo fu realizzato intorno al 37 a.C. da Lucio Cocceio Aucto, tra gli architetti più in vista in quel periodo e spesso chiamato in causa anche per altre opere militari, su commissione di Marco Vipsanio Agrippa, il generale che, ad Azio, sconfisse la flotta di Marco Antonio e Cleopatra. L’entrata orientale, quella che dà sul lago d’Averno, presenta un breve tratto con volta a tutto sesto in opus reticulatum ed era preceduta da un vestibolo ornato da colonne e statue, ormai distrutto, mentre sei pozzi scavati nella collina provvedevano al ricambio dell’aria e all’illuminazione. Parallelamente alla galleria, sul lato settentrionale, correva un acquedotto sotterraneo. Possiamo immaginare che il tratto dovesse essere molto trafficato, visto che era largo abbastanza da permettere il passaggio di due carri affiancati. Insomma, un mirabile esempio dell’architettura militare e civile romana, ingiustamente dimenticato. 
La discussione sul recupero del sito era stata già avviata alcuni anni fa ed erano arrivati anche i fondi, grazie al Por 2000-2006 Pit Campi Flegrei ma i lavori, nel 2014, stentavano a partire, tanto che il sindaco di Bacoli, Ermanno Schiano, lanciò un appello al Ministro Dario Franceschini. Oggi si può annunciare che il nuovo Parco Archeologico dei Campi Flegrei – ancora in fase di riassetto amministrativo ma con alle spalle la burrasca giudiziaria che coinvolse Adele Campanelli, reintegrata alla guida – avrà un nuovo tesoro, che si aggiunge all’anfiteatro di Cuma, alla Necropoli di San Vito, al Parco Sommerso di Baia, allo Stadio di Antonino Pio e ai tanti altri luoghi di notevole interesse, circa trenta, che compongono l’ente. 
Una carta in più che la Regione Campania potrà mettere sul tavolo, quando presenterà ufficialmente all’Unesco la domanda di candidatura del sito, diffuso su un territorio enorme e comprendente quattro Comuni, per la lista del Patrimonio dell’Umanità. 

In alto: Parco Sommerso di Baia

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