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Balkrishna Vithaldas Doshi si è aggiudicato il Pritzker Prize 2018, il più illustre riconoscimento dedicato all’architettura che, arrivato alla 45ma edizione, è considerato una sorta di Premio Nobel del settore. Doshi, il primo architetto indiano a vincere il Pritzker, è tra le personalità più influenti del suo Paese e ha alle sue spalle un curriculum di settanta anni, con collaborazioni con Louis Kahn e Le Corbusier, considerato un maestro: «Le mie opere sono un’estensione della mia vita, della mia filosofia e dei miei sogni. Devo questo prestigioso premio al mio guru, Le Corbusier». La giuria, composta da Richard Rogers, Sejima Kazuyo, Glenn Murcutt e Martha Thorne, l’ha scelto per la sua «architettura rigorosa, mai appariscente, con un profondo senso di responsabilità e con il desiderio di contribuire alla crescita del suo Paese e al benessere della sua gente, con progetti per pubbliche amministrazioni e servizi pubblici, istituzioni educative e culturali».
Il premio internazionale è stato istituito nel 1979 per onorare il lavoro degli architetti viventi e, nell’albo d’oro, figurano nomi del calibro di Alejandro Aravena, Frei Otto, Rem Koolhaas, Zaha Hadid, Frank Gehry, Renzo Piano, Toyo Ito. L’anno scorso il premio fu assegnato agli spagnoli di RCR, uno studio formato da Rafael Aranda, Carme Pigem e Ramon Vilalta, ancora non impegnato in commissioni di primissimo piano.
Doshi iniziò la sua carriera nello studio parigino di Le Corbusier, supervisionando alcuni progetti del suo mentore a Chandigarh e Ahmedabad. La sua opera più imponente risale al 1989, quando progettò, a Indore, l’Aranya Low Cost Housing, un complesso labirintico di case color ruggine che fornisce abitazioni a prezzi accessibili a 80mila persone, dimostrando una innata capacità di pianificazione della intera vita urbana della comunità, dagli spazi pubblici a quelli privati. Nel 1954 dichiarò: «Faccio questo giuramento che ricorderò per tutta la vita: fornirò una dimora appropriata alle classi sociali più basse».