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Il relitto di uno dei naufragi più drammatici della storia recente del Mediterraneo attraccherà in Laguna. Si tratta di Barca Nostra, progetto presentato da Christoph Büchel nell’ambito di “May You Live in Interesting Times”, mostra della 58ma Biennale di Venezia a cura di Ralph Rugoff.
Il 18 aprile 2015, il peschereccio, progettato per trasportare un equipaggio di 15 persone, si schiantò contro un cargo portoghese e affondò nelle acque internazionali tra le coste libiche e quelle italiane. A bordo c’erano tra le 700 e le 1100 persone, di cui solo 28 sono state recuperate. Dopo quel tragico incidente, 33 milioni di euro sono stati spesi per il recupero e la manutenzione della nave, diventata presto un simbolo carico di fortissime valenze politiche e sociali.
Ora, a poco più di quattro anni dall’orribile incidente, la barca, trasportata dal pontile di Melilli, in Sicilia, dove è ancorata, è ormeggiata in uno dei bacini della ex fabbrica di navi della Serenissima e sarà sicuramente una delle opere che faranno più discutere, tra quelle in mostra alla Biennale. «Lontana da distrazioni, lontano dal chiasso invita solo a un grande silenzio e alla riflessione», ha detto il presidente della Biennale di Venezia, Paolo Baratta.
Già in altre occasioni, Büchel, vincitore dell’Hugo Boss Prize per l’arte contemporanea, ha affrontato temi scomodi e di grande attualità. Proprio a Venezia, nel 2015, per il Padiglione dell’Islanda alla 56ma edizione, trasformò, pur se solo visivamente, l’antica chiesa cattolica di Santa Maria della Misericordia in una moschea, suscitando accesissime polemiche che portarono alla chiusura dell’opera, per problemi di sicurezza, secondo i comunicati ufficiali.
Barca Nostra, con le sue lamiere e i suoi squarci, è la «reliquia di una tragedia umana ma anche un monumento alla migrazione contemporanea, che coinvolge confini reali e simbolici e la (im)possibilità di libertà di movimento di informazioni e persone», ha spiegato l’artista, che ha definito Venezia una città «fondata da profughi in fuga».