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Si è inaugurata la prima tappa del viaggio nell’arte toscana del dopoguerra; Continuità è il titolo comune delle quattro rassegne, continuità nei confronti di una tradizione con cui ci si confronta, da cui si discende, che offre fonte di ispirazione o di negazione. Continuità anche all’interno dei vari movimenti, che si succedono senza cesure e spesso coesistono. L’operazione, e non poteva essere altrimenti, ha già provocato roventi polemiche; oltretutto siamo in Toscana, terra in tal senso di tradizione senza soluzione di continuità. Il significato complessivo dell’operazione sarà totalmente valutabile nell’ambito di tutte e quattro le mostre, e probabilmente sarà comunque prematuro per il vaglio del valore reale di una stagione artistica ancora troppo fresca storicamente. Sarà solo il tempo, come sempre, che potrà dirci di cosa conserverà universale memoria.
Alberto Boatto, curatore della rassegna di Palazzo Strozzi, rivendica, come da suo assoluto diritto, il valore delle drastiche scelte operate nell’ambito di una personale impostazione critica. A questo punto emerge però il senso ambiguo di un’operazione che, almeno negli intenti iniziali, veniva prospettata come quella che avrebbe fatto il punto definitivo sullo stato dell’arte contemporanea del dopoguerra in Toscana. Va comunque lodata la chiarezza di Boatto nel denunciare la dittatura culturale operata da certa intellighenzia, soprattutto fra i letterati, i cui asfittici effetti, purtroppo, si riverberano ancora. E proprio in conseguenza di tale bloccata situazione, che ha costretto tanti all’espatrio, non riusciamo a cancellare, pur riconoscendo l’ottimo livello delle opere esposte, una sgradevole, sottile sensazione, diremmo quasi a pelle, che siamo comunque in provincia (se può significare qualcosa il fatto che spesso le opere che ci emozionano di più appartengono alle cosiddette arti minori o ad artisti stabilitisi all’estero). Questo senza nulla togliere, anzi rendendo merito al lavoro di chi ha dovuto operare così, in ambiente ostile e bloccato; ma certe felici stagioni dell’arte nascono intrinsecamente dall’humus della terra che le genera, humus che in Toscana è stato ferocemente inaridito dal pervicace, conformista guardare a una tradizione vissuta come inarrivabile zenit e resa in tal modo presenza pachidermica, snaturata della sua intima, originaria essenza rivoluzionaria.
Il periodo preso in esame è delimitato storicamente da due avvenimenti della realtà fiorentina, la liberazione della città nel 1945 e la tragedia dell’alluvione del 1966 (in realtà il termine ante quem è il 1968). Anche l’allestimento privilegia il concetto di continuità, in quanto le varie sezioni si susseguono l’un l’altra senza stacco reale e spesso compenetrandosi. Trentadue gli artisti esposti, dalla tarda produzione di Soffici, Conti, Rosai, via via attraverso esperienze astratte, informali, suggestioni pop, per arrivare ai fondatori della poesia visiva e alle esperienze di musica “allargata” di Bussotti e Chiari.
La guida all’esposizione
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Continuità
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www.cultura.toscana.it
Valeria Ronzani
26 gennaio – 5 maggio 2002
Firenze, Palazzo Strozzi, Piazza Strozzi
Orario: 10 – 19 tutti i giorni
Ingresso: intero 6 euro, ridotto 5 euro (Arci, Acli ecc. e visite guidate per gruppi di almeno 10 persone), ridotto 4 euro (minori di 18 anni, oltre 60 anni, studenti), cumulativo 10 euro (valido anche per le mostre di Pistoia e Prato)
Telefono: 055-2776406 fax 055-2646560
Visite guidate a cura del servizio educativo del Museo Marino Marini
Orario: sabato pomeriggio ore 15, 16, 17 (durata un0ora circa)
Info.: 055-219432
Costo dell’attività 4 euro a persona oltre il biglietto di ingresso alla mostra; prenotazione non obbligatoria.
Catalogo: Pistoia, Artout Maschietto&ditore, 2002 € 34
[exibart]
Palazzo Strozzi propone un interessante viaggio nell’arte contemporanea toscana.
Da non perdere.