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fino al 18.VII.2010 Francesco Candeloro Venezia, Museo Fortuny
venezia
Plexiglas pop-optical modificano lo spazio. Invitando a perdersi in visioni urbane instabili e sfuggenti. Una mostra che fa parte di un progetto articolato in varie sedi...
Si colloca all’interno di un progetto ad ampio raggio, denominato Luoghi e Segni, la mostra Città delle Città di Francesco Candeloro (Venezia, 1974) allestita a
Palazzo Fortuny. Parallelamente, infatti, è possibile imbattersi in un suo
intervento d’arte pubblica nel centro di Padova (sotto i portici di piazza
Petrarca), oltre che in un’installazione a Villa Pisani Bonetti, una delle
architetture palladiane sparse per il Veneto.
L’artista ridefinisce gli spazi, interagisce con i diversi
contesti, provoca, insomma, cambiamenti percettivi. Più precisamente, nella
mostra veneziana interpreta il panorama urbano contemporaneo con i suoi
plexiglas, disposti a creare un vero e proprio environment. Le opere, sistemate nella sala
principale, recano infatti impressi scorci di città italiane e straniere. Ma il
lavoro, con procedimento inverso, è anche di sottrazione, attraverso tagli che
compongono sagome di vetture, finestre, barche, semafori. Quel che si
percepisce è una sovrapposizione d’immagini instabili, persino corrose, che
acuisce la sensazione di un paesaggio sfuggente.
Città delle Città, come detto, assume le caratteristiche di un
environment, con le opere che scandiscono lo spazio stabilendo possibilità
d’itinerari differenti e personalizzati. La scelta spetta infatti al
visitatore, il quale s’imbatte in una molteplicità di frammenti visivi che
prolifera ulteriormente in sovrapposizioni regolate in base alla posizione da
cui si osserva. Naturale, quindi, essere portati a passare più volte fra le
opere, cercando di volta in volta nuove angolazioni, nuovi punti di vista.
Tanto più che, espandendosi con giochi di riflessi e proiezioni, le strutture
di Candeloro invadono anche il pavimento.
L’ambiente di Palazzo Fortuny è l’esatto opposto del white
cube che in genere si ritrova in galleria, dove i lavori dell’artista veneziano
sembrano esprimere prevalentemente la vivacità dei loro colori pop. I mattoni a
vista segnati dal tempo, le travi del soffitto e il pavimento in legno, immersi
in una semioscurità tagliata dalla luce proveniente dall’alto, danno invece
alle opere una certa solennità. Le “città”, così rappresentate, sembrano
presenze fantasmatiche. Silenziose e sospese.
In una seconda sala si trova la serie di lavori chiamati Occhi. Si tratta di cubi con volti di
persone, deformati in fluide proiezioni e disposti a diverse altezze sulle
pareti. Stilisticamente sembrano sintetizzare la vivacità delle tinte
industriali della Pop Art e le rigide geometrie minimal. Ma, al di là delle
ovvie differenze di concezione e contesto, si notano sulle immagini delle
tracce di colore che le attraversano in orizzontale e verticale. Mentre non
manca, anche qui, un’impronta optical, che scompagina la rigidezza delle forme,
rendendole liquide e mutevoli.
E naturalmente a Venezia la liquidità non può che
diventare reale. Conclude la mostra, infatti, un filtro multicromatico
posizionato dall’artista su un’apertura che dà su un canale, dividendosi la
visuale con il passaggio dell’acqua, che sfiora i gradini. Un intervento,
quest’ultimo, visibile sia all’esterno sia all’interno, che punta sull’effetto
sorpresa, sfruttando un luogo solitamente adibito al passaggio.
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mostra visitata il 6 maggio 2010
dal 26 marzo al 18 luglio 2010
Francesco
Candeloro – Città delle città
a cura di Walter Guadagnini
Palazzo Fortuny
San Marco 3958 (Campo San Beneto) – 30124 Venezia
Orario: da mercoledì a lunedì ore 10-18
Ingresso: intero € 9; ridotto € 6
Catalogo Skira
Info: tel. +39 0415200995; fax +39 0415223088; mkt.musei@comune.venezia.it; www.museiciviciveneziani.it
[exibart]
Ma non è una mostra di Gino Marotta?
Ma sicuramente il giovane postpopconceptualnewstreetwildartist non sa nemmeno chi sia Marotta e come lui i curatori che lo curano.
concordo con Paolo, ma come si fa?
a volte nelle recensioni si buttano tanti nomi a sproloquio, citando Caravaggio o Bacon come nulla fosse e poi non si nomina Marotta per opere simili???