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23
ottobre 2008
fino al 22.XI.2008 Rebecca Horn Roma, Studio Trisorio
roma
Un rumore meccanico che scandisce le lettere veicola la leggerezza del sentimento. Che il linguaggio e i fili metallici inchiodano a mezz'aria. Ombre e luci, penetrando la biografia dell'artista, piega consapevole dell'animo umano...
La poetica sensibile e introspettiva di Rebecca Horn (Michelstadt, 1944; vive a New York e Berlino) assume l’oggetto come viatico di nuova esperienza e rinnovata percezione: frapponendolo tra sé e lo spazio circostante, l’installazione-oggetto funziona da protesi e autorizza un nuovo modo di percepire l’ambiente quotidiano. Di lei si ricordano i “guanti-dita”, i copricapo appuntiti, le strisce di tessuto che enfatizzano o bloccano il movimento del corpo. Consapevoli prolungamenti del sé, alla ricerca di rinnovati modi di esperire il mondo.
Seppure incasellata nel genere della body art, laddove negli anni ‘70 il corpo assumeva una centralità nella rappresentazione violenta di un’epoca e di uno spirito sociale, Horn ha saputo mantenere intatta questa vena riflessiva, fintanto biografica, aggiornando le sue operazioni artistiche alle tendenze più recenti. La presenza fisica ha lasciato così il passo al solo oggetto, spesso interagente nel complesso di un’installazione animata da motori meccanici, o vasi, specchi, vetri, strumenti e materiali di creazione artistica.
Una pratica intimista che si riflette nel piccolo numero di opere in mostra allo Studio Trisorio. A testimonianza dell’eterogeneità delle pratiche dell’artista e regista tedesca, l’installazione protagonista dell’esposizione si contorna di ulteriori contributi che oscillano tra il pittorico, lo scultoreo e la stessa installazione. Alla centralità visiva della macchina da scrivere Continental corrisponde il rumore improvviso della battitura automatica sui tasti, un movimento nervoso che scandisce con ritmi differenti gli intervalli fra l’una e l’altra lettera. Pause che ricordano l’inesperto alle prime armi con la macchina, o la limitazione coscienziosa dell’esperto tecnologico con la manualità scarna di uno strumento in obsolescenza. Il prolungamento metallico dei tasti lega alle sue estremità le lettere battute: Amore. Rosse ed evidenti, mantengono l’eco del movimento della digitazione.
Ai lati dell’unica sala ci sono le opere contornanti, in cui ritornano i temi del prolungamento e dell’estensione: un pennello, messo in una teca di vetro, fuoriesce da essa con un analogo filo metallico incappucciato da una materia fluida, solidificata, rossa, che riprende l’uso cromatico della sabbia interna alla scatola. Scelta analoga nell’installazione vicina, al cui pennello sostituisce un uovo in equilibrio sulla cornice.
L’offerta espositiva continua con i piccoli quadri sul lato opposto, simil-acquarelli che evocano la leggerezza eterea delle forme del volo, delle sfumature dell’acqua, di ricordi evanescenti d’infanzia che Horn non ha mai smesso di trattare. Il doppio gioca un suo ruolo nell’uso delle ombre e luci delle lettere proiettate sulla parete, come negli specchi interni alle due teche.
Studio Trisorio mantiene indubbiamente vive le coordinate della vita artistica dell’artista, pur tralasciando una certa coerenza interna. Concentrandosi sulla macchina, rende insapore il suo contorno.
Seppure incasellata nel genere della body art, laddove negli anni ‘70 il corpo assumeva una centralità nella rappresentazione violenta di un’epoca e di uno spirito sociale, Horn ha saputo mantenere intatta questa vena riflessiva, fintanto biografica, aggiornando le sue operazioni artistiche alle tendenze più recenti. La presenza fisica ha lasciato così il passo al solo oggetto, spesso interagente nel complesso di un’installazione animata da motori meccanici, o vasi, specchi, vetri, strumenti e materiali di creazione artistica.
Una pratica intimista che si riflette nel piccolo numero di opere in mostra allo Studio Trisorio. A testimonianza dell’eterogeneità delle pratiche dell’artista e regista tedesca, l’installazione protagonista dell’esposizione si contorna di ulteriori contributi che oscillano tra il pittorico, lo scultoreo e la stessa installazione. Alla centralità visiva della macchina da scrivere Continental corrisponde il rumore improvviso della battitura automatica sui tasti, un movimento nervoso che scandisce con ritmi differenti gli intervalli fra l’una e l’altra lettera. Pause che ricordano l’inesperto alle prime armi con la macchina, o la limitazione coscienziosa dell’esperto tecnologico con la manualità scarna di uno strumento in obsolescenza. Il prolungamento metallico dei tasti lega alle sue estremità le lettere battute: Amore. Rosse ed evidenti, mantengono l’eco del movimento della digitazione.
Ai lati dell’unica sala ci sono le opere contornanti, in cui ritornano i temi del prolungamento e dell’estensione: un pennello, messo in una teca di vetro, fuoriesce da essa con un analogo filo metallico incappucciato da una materia fluida, solidificata, rossa, che riprende l’uso cromatico della sabbia interna alla scatola. Scelta analoga nell’installazione vicina, al cui pennello sostituisce un uovo in equilibrio sulla cornice.
L’offerta espositiva continua con i piccoli quadri sul lato opposto, simil-acquarelli che evocano la leggerezza eterea delle forme del volo, delle sfumature dell’acqua, di ricordi evanescenti d’infanzia che Horn non ha mai smesso di trattare. Il doppio gioca un suo ruolo nell’uso delle ombre e luci delle lettere proiettate sulla parete, come negli specchi interni alle due teche.
Studio Trisorio mantiene indubbiamente vive le coordinate della vita artistica dell’artista, pur tralasciando una certa coerenza interna. Concentrandosi sulla macchina, rende insapore il suo contorno.
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chiara li volti
mostra visitata il 7 ottobre 2008
dal 3 ottobre al 22 novembre 2008
Rebecca Horn – Amore-Continental
Studio Trisorio
Vicolo delle Vacche, 12 (zona piazza Navona) – 00186 Roma
Orario: da martedì a sabato ore 16-20
Ingresso libero
Info: tel./fax. +39 0668136189; roma@studiotrisorio.com; www.studiotrisorio.com
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