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02
marzo 2010
fino al 20.VI.2010 Fiori Forlì, Musei San Domenico
bologna
Una solenne struttura bianca all’esterno dello splendido complesso museale San Domenico a Forlì. Simbolica porta per una rappresentazione dell’arte. In scena, cento opere dal Seicento a van Gogh. Protagonisti: i fiori...
di Cecilia Ci
Come simbolo di una travagliata storia d’amore, “Erano
le sue rose, erano le mie rose”. E sono le Rose Bianche di Fantin-Latour, il motivo di una grande
scenografia, all’ingresso della mostra: un’opera del 1870, sintesi sublime di perfezione
pittorica, petali di luce che raccolgono il soffio della vita, nel percorso di
un mondo fiorito, di un Eden dove lo spirito si avvicina a Dio.
Sottolinea Caravaggio: “Tanta manifattura gli era a fare un quadro buono di
fiori come di figure”,
cercando così di
ribaltare la gerarchia dei generi pittorici. Eppure, il Maestro della Fiasca
di Forlì non
rivelò la sua identità, l’autore dei Fiori in una fiasca impagliata, opera dal perfetto equilibrio
compositivo.
È il nucleo da cui muove il piano espositivo, che ospita
un secondo dipinto con una fiasca, attribuito a Tommaso Salini, o forse di Caravaggio. E una
moltitudine di fiori in brocche, vasi e caraffe, quelle dei numerosi pittori
caravaggeschi, del Maestro della Natura morta di Hartford. Antoon van Dyck, Carlo Cignani, fra gli altri, sono gli artisti
di figura, che per arricchire la composizione utilizzano i fiori: un tema
sviluppato anche al femminile.
Ci sono opere di Rachel Ruysch, di Maddalena Caccia, di Giovanna Garzoni, che dipinge opere d’una
sorprendente modernità. Il dono, di Marguerite Gérard, con un’eleganza d’insieme che sottolinea il
significato dell’omaggio floreale: è il 1876. Poi, due lavori di Giovanni
Stanchi, preraffaellita
che ama circondare i propri soggetti con squillanti ghirlande di fiori, e le
emozionanti opere del
Maestro della
natura morta di Hartford, l’artista che Zeri identificò con Caravaggio.
L’Ottocento dedicherà ai fiori maggior attenzione e Federico
Hayez regala il Ritratto
della contessina Antonietta Negroni: fiori che sovrastano la composizione, per divenire una cascata
sull’abito della bambina; in terra, una peonia rosa, a dire che la vita – come
il fiore – svanisce. Pellizza da Volpedo, prima del suo celebre Quarto stato, propone una sobria figura
femminile: lo sguardo sospeso nel vuoto, un fiore in mezzo al libro, il
pensiero a un amore perduto.
È di Pietro Bouvier il dipinto in cui si respira, pur in un giardino
di gigli e glicini, un’atmosfera di nostalgia, se non di morte. È Ritratto
di Giulia Teresa Marenzi in giardino, in memoria di una fanciulla scomparsa. Un carosello di
opere grandiose. Ed ecco Cesare Tallone, Giovanni Boldini, Giovanni Segantini. L’eleganza di una Natura morta di Giovanni De Nittis, l’evanescenza del suo Mazzo di Crisantemi, Paul Gauguin con i colori caldi di una Donna
tahitiana e un
suo sorprendente dipinto con rose e astri. Poi, Emilio Longoni e Le capinere su un ramo fiorito, due giovani
suore incuriosite. Odilon Redon e tre opere di Claude Monet, con le famose ninfee del suo
giardino d’acqua: evoluzione di strutture reali, astrazione di bellezza.
“Mi è mancato il denaro per pagare dei modelli,
altrimenti mi sarei dedicato completamente alla pittura di figura”: sono le parole di van Gogh, che così ha dato forma a emozioni
pure, attraverso i fiori. Interpreti di una natura che è un tutt’uno con
l’uomo, di un’armonia che è quella dell’anima del mondo. Qui i suoi fiori sono
l’espressione di un cammino verso il glorioso linguaggio impressionista. In una
mostra che, nel suo intento storico e didattico, raggiunge l’eccellenza. Un
luogo “dove niente di brutto può accadere”.
le sue rose, erano le mie rose”. E sono le Rose Bianche di Fantin-Latour, il motivo di una grande
scenografia, all’ingresso della mostra: un’opera del 1870, sintesi sublime di perfezione
pittorica, petali di luce che raccolgono il soffio della vita, nel percorso di
un mondo fiorito, di un Eden dove lo spirito si avvicina a Dio.
Sottolinea Caravaggio: “Tanta manifattura gli era a fare un quadro buono di
fiori come di figure”,
cercando così di
ribaltare la gerarchia dei generi pittorici. Eppure, il Maestro della Fiasca
di Forlì non
rivelò la sua identità, l’autore dei Fiori in una fiasca impagliata, opera dal perfetto equilibrio
compositivo.
È il nucleo da cui muove il piano espositivo, che ospita
un secondo dipinto con una fiasca, attribuito a Tommaso Salini, o forse di Caravaggio. E una
moltitudine di fiori in brocche, vasi e caraffe, quelle dei numerosi pittori
caravaggeschi, del Maestro della Natura morta di Hartford. Antoon van Dyck, Carlo Cignani, fra gli altri, sono gli artisti
di figura, che per arricchire la composizione utilizzano i fiori: un tema
sviluppato anche al femminile.
Ci sono opere di Rachel Ruysch, di Maddalena Caccia, di Giovanna Garzoni, che dipinge opere d’una
sorprendente modernità. Il dono, di Marguerite Gérard, con un’eleganza d’insieme che sottolinea il
significato dell’omaggio floreale: è il 1876. Poi, due lavori di Giovanni
Stanchi, preraffaellita
che ama circondare i propri soggetti con squillanti ghirlande di fiori, e le
emozionanti opere del
Maestro della
natura morta di Hartford, l’artista che Zeri identificò con Caravaggio.
L’Ottocento dedicherà ai fiori maggior attenzione e Federico
Hayez regala il Ritratto
della contessina Antonietta Negroni: fiori che sovrastano la composizione, per divenire una cascata
sull’abito della bambina; in terra, una peonia rosa, a dire che la vita – come
il fiore – svanisce. Pellizza da Volpedo, prima del suo celebre Quarto stato, propone una sobria figura
femminile: lo sguardo sospeso nel vuoto, un fiore in mezzo al libro, il
pensiero a un amore perduto.
È di Pietro Bouvier il dipinto in cui si respira, pur in un giardino
di gigli e glicini, un’atmosfera di nostalgia, se non di morte. È Ritratto
di Giulia Teresa Marenzi in giardino, in memoria di una fanciulla scomparsa. Un carosello di
opere grandiose. Ed ecco Cesare Tallone, Giovanni Boldini, Giovanni Segantini. L’eleganza di una Natura morta di Giovanni De Nittis, l’evanescenza del suo Mazzo di Crisantemi, Paul Gauguin con i colori caldi di una Donna
tahitiana e un
suo sorprendente dipinto con rose e astri. Poi, Emilio Longoni e Le capinere su un ramo fiorito, due giovani
suore incuriosite. Odilon Redon e tre opere di Claude Monet, con le famose ninfee del suo
giardino d’acqua: evoluzione di strutture reali, astrazione di bellezza.
“Mi è mancato il denaro per pagare dei modelli,
altrimenti mi sarei dedicato completamente alla pittura di figura”: sono le parole di van Gogh, che così ha dato forma a emozioni
pure, attraverso i fiori. Interpreti di una natura che è un tutt’uno con
l’uomo, di un’armonia che è quella dell’anima del mondo. Qui i suoi fiori sono
l’espressione di un cammino verso il glorioso linguaggio impressionista. In una
mostra che, nel suo intento storico e didattico, raggiunge l’eccellenza. Un
luogo “dove niente di brutto può accadere”.
articoli correlati
La preview della mostra
cecilia ci
mostra visitata il 16 febbraio 2010
dal 23 gennaio al 20 giugno 2010
Fiori Natura e simbolo dal Seicento a Van Gogh
Musei San Domenico
Piazza Guido da Montefeltro, 2 – 47100 Forlì
Orario: da martedì a venerdì ore 9.30-19; sabato, domenica e festivi ore
9.30-20
Catalogo Silvana Editoriale
Info: tel. 199199111 / +39 0543712659; museisandomenico@comune.forli.fc.it;
www.mostrafiori.com
[exibart]