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08
maggio 2008
fino al 31.V.2008 Marco Tirelli Napoli, Studio Trisorio
napoli
Un connubio fra tecnica e immaginazione. L’evocazione delle forme diventa protagonista in una serie di gouache, solo in apparenza geometrizzanti. Nascosto, c’è il mondo di un artista. Che in genere è accostato ai compagni di strada della Nuova Scuola Romana...
Liberare le forme senza costringerle nei loro contorni, dare corpo ai materiali senza farne sentire la pesantezza, rischiando però di sconfinare nella monotonia. È quanto accade nella personale di Marco Tirelli (Roma, 1956), di ritorno nella galleria napoletana dopo circa un decennio. Una quindicina di disegni e gouache, frutto dell’ultima produzione, si susseguono uniformati dal costante Senza titolo, dalle dimensioni -abbastanza grandi, 150×120- e dalla tecnica impiegata. Tempera e carbone stesi “senza aerografo”, precisa l’artista, perché “ogni pennellata è passata e ripassata più volte”, dando così una complessiva sensazione di sfumato. La bicromia del bianco e nero si arricchisce con la scala del grigio, dal perlaceo al cinereo, fino al color piombo.
Questo accade nei passaggi che si vedono all’interno di un’opera, con un quadrato -talmente sottile da essere associato idealmente a un foglio- con la cornice dipinta di nero e la forma geometrica bianca al centro, che accoglie una leggerissima scia di grigio come se fosse un delicato passepartout. La compressione e la pastosità dei colori richiamano fortemente, per la loro morbidezza, antiche pratiche come l’acquaforte, e infatti l’incisione è una delle tecniche utilizzate da Tirelli che, dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti di Roma, partecipa alla Biennale di Venezia nel 1981 e nel 1990, aderendo con Piero Pizzi Cannella, Gianni Dessì, Bruno Ceccobelli e Nunzio alla Nuova Scuola Romana.
Nelle sue opere, Tirelli crea le forme attraverso la luce, come si vede con le sagome ovoidali e melliflue unitesi come se fossero due bolle d’acqua, oppure nel contorno sagomato che ricorda la forma di un vaso. È nella variabilità delle associazioni mentali che lo spettatore trova la peculiarità e possibilmente anche il divertimento dell’artista mentre realizza i propri lavori. Perché, osservando fuori dalla finestra della sua casa in campagna, Tirelli riconosce qualcosa di interessante da riprodurre, che però perde la propria riconoscibilità nella trasposizione su carta. Nel passaggio successivo, le forme geometriche divengono nuovamente riconducibili a icone della realtà, ma con l’aggiunta di infinite possibilità, a seconda della psicologia associativa appartenente a chi osserva.
Gli ambienti a forma di parallelepipedo, per esempio, spazi mentali resi con la tempera nera, potrebbero essere edifici ricondotti alle loro linee essenziali, come a suo tempo intorno al 1956-59 faceva Giorgio Morandi, dipingendo -non a caso ad acquerello- il Cortile di Via Fogazza dal suo studio di Bologna. La successione d’immagini e rimandi fantasiosi si chiude con un disegno dall’aspetto più concreto: un ingresso senza porte, un vano scuro da dove filtra una luce intensa, che conduce in una dimensione metafisica.
Questo accade nei passaggi che si vedono all’interno di un’opera, con un quadrato -talmente sottile da essere associato idealmente a un foglio- con la cornice dipinta di nero e la forma geometrica bianca al centro, che accoglie una leggerissima scia di grigio come se fosse un delicato passepartout. La compressione e la pastosità dei colori richiamano fortemente, per la loro morbidezza, antiche pratiche come l’acquaforte, e infatti l’incisione è una delle tecniche utilizzate da Tirelli che, dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti di Roma, partecipa alla Biennale di Venezia nel 1981 e nel 1990, aderendo con Piero Pizzi Cannella, Gianni Dessì, Bruno Ceccobelli e Nunzio alla Nuova Scuola Romana.
Nelle sue opere, Tirelli crea le forme attraverso la luce, come si vede con le sagome ovoidali e melliflue unitesi come se fossero due bolle d’acqua, oppure nel contorno sagomato che ricorda la forma di un vaso. È nella variabilità delle associazioni mentali che lo spettatore trova la peculiarità e possibilmente anche il divertimento dell’artista mentre realizza i propri lavori. Perché, osservando fuori dalla finestra della sua casa in campagna, Tirelli riconosce qualcosa di interessante da riprodurre, che però perde la propria riconoscibilità nella trasposizione su carta. Nel passaggio successivo, le forme geometriche divengono nuovamente riconducibili a icone della realtà, ma con l’aggiunta di infinite possibilità, a seconda della psicologia associativa appartenente a chi osserva.
Gli ambienti a forma di parallelepipedo, per esempio, spazi mentali resi con la tempera nera, potrebbero essere edifici ricondotti alle loro linee essenziali, come a suo tempo intorno al 1956-59 faceva Giorgio Morandi, dipingendo -non a caso ad acquerello- il Cortile di Via Fogazza dal suo studio di Bologna. La successione d’immagini e rimandi fantasiosi si chiude con un disegno dall’aspetto più concreto: un ingresso senza porte, un vano scuro da dove filtra una luce intensa, che conduce in una dimensione metafisica.
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Studio Trisorio
Riviera di Chiaia, 215 (zona Chiaia) – 80121 Napoli
Orario: da lunedì a venerdì ore 10-13 e 16-19.30; sabato ore 10-13
Ingresso libero
Catalogo disponibile
Info: tel./fax +39 081414306; info@studiotrisorio.com; www.studiotrisorio.com
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