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20
novembre 2008
libri_anteprime René Magritte (giunti 2008)
Libri ed editoria
Una mela alta fino al soffitto. Un uccello dipinto col cielo, e un uomo disegnato dal paesaggio. A Milano arriva la natura secondo René Magritte. In esclusiva, il testo del curatore Michel Draguet per la grande mostra a Palazzo Reale...
Rue des Mimosas, Bruxelles. Interno in penombra, trumeau laccati, tovaglie di pizzo, souvenir sulla mensola del caminetto. Foto della gita al mare. Ambiente perfetto per un poeta crepuscolare, o al massimo per un pittore neoromantico, o un realista triste e disincantato. E invece da quel piccolo salotto borghese, con una finestra sul grigio cielo belga come unica apertura verso il mondo, escono alcune delle opere più dirompenti di tutto il Novecento. Con una sedia come cavalletto, col the servito dalla moglie Georgette all’amico Louis Scutenaire, in visita, è lì che René Magritte (Lessines, 1898 – Bruxelles, 1967) crea dipinti fra i più misteriosi della storia dell’arte, scardina il senso degli oggetti, supera Freud nell’onirismo più elaborato, tira le file di una certa linea dada-surrealista ironica e post-duchampiana e la proietta verso il futuro. Opere che saranno riferimento imprescindibile per tutta un’area concettual-oggettuale – come non pensare a Joseph Kosuth? – ma anche per ambiti diversi come design, grafica e pubblicità (su tutti, per restare in Italia, il grande Armando Testa).
All’approccio di Magritte al tema della natura è ora dedicata questa grande mostra, che presenta cento dipinti, oltre a tempere e sculture, provenienti dai Musées Royaux des Beaux Arts del Belgio, la collezione pubblica più importante al mondo di opere dell’artista, e da numerosi collezionisti privati. Gli elementi della natura dialogano continuamente con personaggi, interni, nature morte di Magritte, entrando in queste straordinarie scenografie mentali, interpretate da una mente lucida ma incredibilmente visionaria.
Ce ne parla da par suo il curatore della mostra Michel Draguet, direttore generale dei Musées Royaux des Beaux Arts del Belgio: “Exibart” presenta in esclusiva l’incipit del testo in catalogo.
Nel 1929, Magritte dipinge Il falso specchio con un occhio monumentale in cui si riflettono un cielo e le sue nuvole informi. Con questa opera, Magritte visualizza quello che la sua pittura giunge a raffigurare dopo il rifiuto dell’astrazione: “l’uffizio dell’occhio”, secondo la formula di Leonardo da Vinci, nell’equivalenza tra spazio psico-fisiologico e spazio matematico. Ma, come il titolo indica, questa possibilità di conoscenza attraverso l’immagine intesa come specchio è indizio, per Magritte, di una falsificazione. Eppure, il pittore non ha mai rinunciato a questa logica. Più tardi, la riprenderà per fare dell’immagine il riflesso dell’atto stesso di guardare, in una sorta di ontologia dello sguardo che ogni spettatore prolunga. Dal 1927 al 1936, dal Falso specchio a Oggetto dipinto: occhio, Magritte conferma la dimensione arbitraria di un percorso fatto di norme e codificazioni, di sistemi e di regole. Nella prospettiva dell’esperienza di una realtà che non rientra in alcuna forma di linguaggio o di rappresentazione ma nell’esperienza come forma di conoscenza immediata. Una realtà che, sotto la penna di Magritte, si confonderà con il “Mistero” – termine sufficientemente ambiguo per dispensare il pittore da qualsiasi definizione precisa – per inglobare tutto quello che, giorno dopo giorno, resiste all’ordine del sapere.
Questo “Mistero” ha conosciuto numerose definizioni nel corso di tutta l’opera di Magritte. In ultimo, non è altro che la natura in quello che essa ha di non riconducibile alla cultura. Magritte lo ha ben presto associato all’amore come “forza di difesa” dell’uomo che si confronta con il mondo. Nella natura, come nell’amore, egli percepisce una forza che coinvolge l’uomo “in un mondo incantato fatto esattamente a [sua] misura e che è ammirevolmente difeso dall’isolamento”. Questo contatto privilegiato rivestirà un ruolo centrale nella missione che Magritte assegnerà all’“arte di dipingere”. Ha modo di precisarlo in un testo del 1936: “Ricercare nuovi mezzi di conoscenza piuttosto che provocare attraverso mezzi nuovi il piacere estetico”. Seguiremo la strada tracciata senza perdere il senso di una progressione che va dal 1920 al 1967. In quasi mezzo secolo, Magritte ha sviluppato un pensiero che ha nutrito la sua opera. In modo sistematico e accumulando fonti che spaziano dalla poesia alla filosofia, da una riflessione sul linguaggio a una meditazione sulle strutture del pensiero. La natura sarà onnipresente in questo cammino progressivo. Da una parte, fornendo una miriade di temi che l’artista esplorerà e combinerà a piacere e, dall’altra, costituendo la cornice di ogni cosa, quell’“englobant” (elemento inglobante), a partire dal quale si determinerà ogni forma di conoscenza.
All’approccio di Magritte al tema della natura è ora dedicata questa grande mostra, che presenta cento dipinti, oltre a tempere e sculture, provenienti dai Musées Royaux des Beaux Arts del Belgio, la collezione pubblica più importante al mondo di opere dell’artista, e da numerosi collezionisti privati. Gli elementi della natura dialogano continuamente con personaggi, interni, nature morte di Magritte, entrando in queste straordinarie scenografie mentali, interpretate da una mente lucida ma incredibilmente visionaria.
Ce ne parla da par suo il curatore della mostra Michel Draguet, direttore generale dei Musées Royaux des Beaux Arts del Belgio: “Exibart” presenta in esclusiva l’incipit del testo in catalogo.
Nel 1929, Magritte dipinge Il falso specchio con un occhio monumentale in cui si riflettono un cielo e le sue nuvole informi. Con questa opera, Magritte visualizza quello che la sua pittura giunge a raffigurare dopo il rifiuto dell’astrazione: “l’uffizio dell’occhio”, secondo la formula di Leonardo da Vinci, nell’equivalenza tra spazio psico-fisiologico e spazio matematico. Ma, come il titolo indica, questa possibilità di conoscenza attraverso l’immagine intesa come specchio è indizio, per Magritte, di una falsificazione. Eppure, il pittore non ha mai rinunciato a questa logica. Più tardi, la riprenderà per fare dell’immagine il riflesso dell’atto stesso di guardare, in una sorta di ontologia dello sguardo che ogni spettatore prolunga. Dal 1927 al 1936, dal Falso specchio a Oggetto dipinto: occhio, Magritte conferma la dimensione arbitraria di un percorso fatto di norme e codificazioni, di sistemi e di regole. Nella prospettiva dell’esperienza di una realtà che non rientra in alcuna forma di linguaggio o di rappresentazione ma nell’esperienza come forma di conoscenza immediata. Una realtà che, sotto la penna di Magritte, si confonderà con il “Mistero” – termine sufficientemente ambiguo per dispensare il pittore da qualsiasi definizione precisa – per inglobare tutto quello che, giorno dopo giorno, resiste all’ordine del sapere.
Questo “Mistero” ha conosciuto numerose definizioni nel corso di tutta l’opera di Magritte. In ultimo, non è altro che la natura in quello che essa ha di non riconducibile alla cultura. Magritte lo ha ben presto associato all’amore come “forza di difesa” dell’uomo che si confronta con il mondo. Nella natura, come nell’amore, egli percepisce una forza che coinvolge l’uomo “in un mondo incantato fatto esattamente a [sua] misura e che è ammirevolmente difeso dall’isolamento”. Questo contatto privilegiato rivestirà un ruolo centrale nella missione che Magritte assegnerà all’“arte di dipingere”. Ha modo di precisarlo in un testo del 1936: “Ricercare nuovi mezzi di conoscenza piuttosto che provocare attraverso mezzi nuovi il piacere estetico”. Seguiremo la strada tracciata senza perdere il senso di una progressione che va dal 1920 al 1967. In quasi mezzo secolo, Magritte ha sviluppato un pensiero che ha nutrito la sua opera. In modo sistematico e accumulando fonti che spaziano dalla poesia alla filosofia, da una riflessione sul linguaggio a una meditazione sulle strutture del pensiero. La natura sarà onnipresente in questo cammino progressivo. Da una parte, fornendo una miriade di temi che l’artista esplorerà e combinerà a piacere e, dall’altra, costituendo la cornice di ogni cosa, quell’“englobant” (elemento inglobante), a partire dal quale si determinerà ogni forma di conoscenza.
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introduzione a cura di massimo mattioli
*articolo pubblicato su Grandimostre n. 1. Te l’eri perso? Abbonati!
dal 21 novembre 2008 al 29 marzo 2009
René Magritte – Il Mistero della Natura
a cura di Claudia Beltramo Ceppi, Michel Draguet, Charly Herscovici e Paolo Vedovi
Palazzo Reale
Piazza Duomo, 12 – 20122 Milano
Orario: lunedì ore 14.30-19.30; da martedì a domenica ore 9.30-19.30; giovedì ore 9.30-22.30 (chiusura biglietteria ore 18.30; giovedì ore 21.30)
Ingresso: intero € 9; ridotto € 7/4,50
Catalogo Giunti
Info: tel. +39 0280509362 / 199199111; www.mostramagritte.it
[exibart]