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11
marzo 2008
fino al 30.III.2008 Kiefer e Mao Milano, Triennale Bovisa
milano
Il mito di Mao riemerge da un deserto di aridi cretti materici, tra semi, girasoli e candide rose secche. Kiefer ritrae il filosofo della Repubblica Popolare Cinese attraverso dipinti e libri. Un cammino pittorico segnato dal concetto di rivoluzione. Che lentamente si trova rinchiuso nel cerchio di se stesso...
Un essere che da terrestre è asceso a mito, beneficiando del sacrificio di molti. Una sorta di messia laico che, attraverso le sue idee e le sue parole, si è fatto strada tra la cultura. La potenza della figura, rafforzata dalla storia di un popolo e di un Paese. Anselm Kiefer (Donaueschingen, 1945; vive a Barjac) scippa l’iconografia politica di Mao Zedong e la rivende all’arte.
Ventotto dipinti e sette libri d’artista, provenienti per la maggior parte dalla collezione dell’artista tedesco, formano il nucleo dell’esposizione milanese ospitata negli spazi della Triennale Bovisa. I suoi dipinti riprendono la storica figura di Mao che, a partire dal 1998, viene inserita nella serie Lasst tausend Blumen (“Che mille fiori fioriscano”), che allude alla celeberrima incitazione pronunciata nel 1956: “Che cento fiori fioriscano”. Talvolta l’immagine di Mao è ben riconoscibile, ritratto in primo piano o mentre saluta, giovane filosofo o maturo leader dell’esercito, sorridente o pensieroso in un cammino metaforico e parallelo al concetto stesso di arte.
Kiefer ne fa un’icona del destino di una società, “divinità” che si innalza su un paesaggio di fiori o di sterpi per illuminarlo, quanto per sottometterlo: essere concepito dalla storia per mettere in discussione le demarcazioni sociali, quanto per incatenarle a una dottrina. È il superamento di una concezione univoca dell’arte, condizionata dal pensiero tradizionale per decenni, ma che si risolve in un percorso di decadenza mitica e statuaria, speculare alla vita del leader della Rivoluzione Culturale.
Fiori e semi, temi fondamentali dell’artista, cingono il volto di Mao a sottintendere un’esistenza positiva, costruita su un progetto di fioritura e crescita, destinato comunque a compiersi in una esistenza secca e fragile. In tutti i dipinti, l’iconografia oscilla tra l’ambiguità di una nuova speranza sociale e l’affermazione del carattere conservatore, legato al mito, che si esaurisce definitivamente in una cristallizzazione del personaggio su un piedistallo. I fiori sono scomparsi per lasciare spazio a un arido terreno di cretti pittorici e sabbia, coperto da rovi secchi, in un groviglio di rami, in cui la figura di Zedong giace sospesa, quasi sepolta da suoi stessi intrighi.
Una catena di immagini e simboli fortemente legati alla nostra storia moderna, con cui Kiefer suggerisce che qualsiasi autorappresentazione soggettiva e mitica, formale o concettuale, in politica come in arte, conduce al fallimento.
Ventotto dipinti e sette libri d’artista, provenienti per la maggior parte dalla collezione dell’artista tedesco, formano il nucleo dell’esposizione milanese ospitata negli spazi della Triennale Bovisa. I suoi dipinti riprendono la storica figura di Mao che, a partire dal 1998, viene inserita nella serie Lasst tausend Blumen (“Che mille fiori fioriscano”), che allude alla celeberrima incitazione pronunciata nel 1956: “Che cento fiori fioriscano”. Talvolta l’immagine di Mao è ben riconoscibile, ritratto in primo piano o mentre saluta, giovane filosofo o maturo leader dell’esercito, sorridente o pensieroso in un cammino metaforico e parallelo al concetto stesso di arte.
Kiefer ne fa un’icona del destino di una società, “divinità” che si innalza su un paesaggio di fiori o di sterpi per illuminarlo, quanto per sottometterlo: essere concepito dalla storia per mettere in discussione le demarcazioni sociali, quanto per incatenarle a una dottrina. È il superamento di una concezione univoca dell’arte, condizionata dal pensiero tradizionale per decenni, ma che si risolve in un percorso di decadenza mitica e statuaria, speculare alla vita del leader della Rivoluzione Culturale.
Fiori e semi, temi fondamentali dell’artista, cingono il volto di Mao a sottintendere un’esistenza positiva, costruita su un progetto di fioritura e crescita, destinato comunque a compiersi in una esistenza secca e fragile. In tutti i dipinti, l’iconografia oscilla tra l’ambiguità di una nuova speranza sociale e l’affermazione del carattere conservatore, legato al mito, che si esaurisce definitivamente in una cristallizzazione del personaggio su un piedistallo. I fiori sono scomparsi per lasciare spazio a un arido terreno di cretti pittorici e sabbia, coperto da rovi secchi, in un groviglio di rami, in cui la figura di Zedong giace sospesa, quasi sepolta da suoi stessi intrighi.
Una catena di immagini e simboli fortemente legati alla nostra storia moderna, con cui Kiefer suggerisce che qualsiasi autorappresentazione soggettiva e mitica, formale o concettuale, in politica come in arte, conduce al fallimento.
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Kiefer e Mao. Che mille fiori fioriscano
a cura di Germano Celant
Triennale Bovisa
Via Lambruschini, 31 (zona Bovisa) – 20156 Milano
Orario: da martedì a domenica ore 11-24
Ingresso: intero € 8; ridotto € 6/5
Catalogo Skira, € 25
Info: tel. +39 02724341; biglietteria.bovisa@triennale.it; www.triennalebovisa.it
[exibart]
sono molto perplesso riguardo questa mostra di Kiefer
Mao era un personaggio complesso, sicuramente una persona non comune ma che ha commesso errori e azioni terribili
Il mito e i fiori non sono certo adatti ad affrontare questioni storiche che hanno invece a che fare con milioni di uomini
assai concreti, dinamiche economiche e gravose scelte politiche: io mi chiedo se Kiefer si sia almeno studiato i dati riguardanti le carestie e i disastri e le vittime provocati da Mao con le sue politiche sbagliate
io mi domando se Kiefer si sia mai interessato al fatto che Mao oltre ad essere in effetti una persona intelligente era anche un cinico stratega che eliminava chiunque si metteva sulla sua strada (e non stiamo parlando di poche persone)
io mi domando se il sognante kiefer abbia mai visto un documentario sulla rivoluzione culturale e se abbia mai assistito ai filmati riguardanti gli allucinanti processi in piazza fatti in quei giorni
io mi domando che bisogno aveva un artista ricco come kiefer di fare una mostra così sballata: quali sono le sue mire, ottenere l’interesse anche del mercato cinese sempre più importante? E in quale linea rientra questa mostra? nell’ambito di qualche collaborazione- scambio italo-cinese?
ricordate il criticato debutto di kiefer e le accuse che gli vennero fatte di neo-nazismo per i suoi quadri riecheggianti architetture e personaggi della storia tedesca?
quindi il successo dei grandi artisti internazionali è legato
al loro annaquamento di una precisa consapevolezza storica dei fatti, ad una certa genericità che significa tutto e nulla e che accontenta tutti?
forse il kiefer che ci racconta la storia è solo un sopravvalutato paesaggista che dipinge su un soggetto qualsiasi? Che ne dite?
Molto pacato e interessante l’intervento di marco e condivisibili le sue domande. Credo di avere una risposta: Mozart non avrebbe composto il Requiem se fosse stato all’apice del successo e invece è morto di inedia non riuscendo neanche a completare il suo capolavoro. Credo che il successo sia veleno per tutti, ma soprattutto per i creativi, sia per la paura di non riuscire a ripetersi (non a copiarsi come avvenne a picasso) sia perchè legato ad uno stravolgimento della vita anche sul piano economico. Come una forte vincita alla lotteria che stravolge la vita del fortunato (apparente) che molto spesso finisce in tragedia. Bisogna essere bravi (ma non sempre) per arrivare al successo, ma essere “grandi” o “geni” per cavalcarlo il che significa non farsi toccare e esserne superiori. E questo è molto difficile per la debolezza umana che quasi sempre fa prevalere la carne sullo spirito.
ho dimenticato di precisare che Kiefer è uno, se non l’artista che preferisco tra i viventi e che conosco molto bene (il lavoro). E quindi sono sopreso per questi lavori sulla cui qualità non dubito, ma per il soggetto trattato sia per la sua limitatezza (l’arte deve affrontare tematiche universali) sia per non aver dato un messaggio critico sull’operato di Mao. Credo che l’arte deve affrontare i temi socio-politici essendo un forte e libero veicolo di comunicazione.