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22
luglio 2008
L’io e il suo perdersi e ritrovarsi in un quadro, in un volto tagliato a metà, in uno sguardo allargato, in grandi occhi al posto della testa. Le opere di Valentina Carta, raccolte nella mostra romana Sperdimento Primo, esprimono tutta la personalità dell’artista, del suo io più profondo e immediato. Parole scritte al contrario, versi di poesie di Fernando Pessoa o meravigliosi passaggi della canzone di Fabrizio De Andrè, Per i tuoi larghi occhi, scorrono sui dipinti, su quadri che diventano manoscritti, ma anche specchi. Riflessi in cui si coglie la personalità dell’artista, ma pure quella di chi quelle opere le guarda. La pittura come biografia, come cura, come terapia, dove Valentina Carta ritrova il suo essere e lo esprime fino in fondo, in un totale abbandono catartico.
In Il poeta è un fingitore il volto scisso in due parti è quello dell’artista: “Sono io in un sorriso che non è mai rilassato, stride sempre, è forzato, anche quando sembra pacificarsi. La mia personalità si rivela quando dipingo, cogliendo allo stesso tempo il movimento del mondo, quello che accade intorno a me e fuori di me”.
Lo spettatore è allora catapultato di fronte a un evento singolare e si aggira, all’interno della galleria, con uno specchio nelle mani per leggere quelle parole scritte al contrario, quelle frasi che nascondono, forse, il senso stesso delle opere. “A livello puramente estetico la parola scritta ha un suo perché. È bello vedere una frase scritta, anche se la mia non è una bella grafia. Lo scrivere al contrario, da destra a sinistra, è iniziato come un gioco con il mio maestro di scultura, per poi trasformarsi in un leit motiv, in segni graffianti e incisivi in cui lo spettatore si sperde”.
Sono disegni, tele e carte intelate, realizzate dal ‘98 fino a oggi. Verde, rosso e arancio, colori acidi e sdoppiamenti che si stagliano sulle tele in una proiezione binaria di immagini e parole, in una continua ricerca dove il capovolgimento dei segni e del senso è totale. In Mi sposto di un pensiero o in I miei occhi del mondo l’artista cripta frasi, poesie e pensieri, alludendo al suo stato interiore, a ciò che è, o più probabilmente a ciò che sente di non essere, mostrando un senso di inquietudine nei confronti della vita.
Per quanto riguarda la tecnica, siamo di fronte a una pittura d’azione, dove al pennello si preferiscono le mani o la spatola, ma anche i pastelli a olio, come si nota bene in A fuoco lento, dove i tratti sfumati e i colori intensi nascondono volti dagli occhi vuoti e dagli sguardi spettrali.
La mente va allora all’art brut, a Dubuffet, al graffitismo e al primitivismo.
In Il poeta è un fingitore il volto scisso in due parti è quello dell’artista: “Sono io in un sorriso che non è mai rilassato, stride sempre, è forzato, anche quando sembra pacificarsi. La mia personalità si rivela quando dipingo, cogliendo allo stesso tempo il movimento del mondo, quello che accade intorno a me e fuori di me”.
Lo spettatore è allora catapultato di fronte a un evento singolare e si aggira, all’interno della galleria, con uno specchio nelle mani per leggere quelle parole scritte al contrario, quelle frasi che nascondono, forse, il senso stesso delle opere. “A livello puramente estetico la parola scritta ha un suo perché. È bello vedere una frase scritta, anche se la mia non è una bella grafia. Lo scrivere al contrario, da destra a sinistra, è iniziato come un gioco con il mio maestro di scultura, per poi trasformarsi in un leit motiv, in segni graffianti e incisivi in cui lo spettatore si sperde”.
Sono disegni, tele e carte intelate, realizzate dal ‘98 fino a oggi. Verde, rosso e arancio, colori acidi e sdoppiamenti che si stagliano sulle tele in una proiezione binaria di immagini e parole, in una continua ricerca dove il capovolgimento dei segni e del senso è totale. In Mi sposto di un pensiero o in I miei occhi del mondo l’artista cripta frasi, poesie e pensieri, alludendo al suo stato interiore, a ciò che è, o più probabilmente a ciò che sente di non essere, mostrando un senso di inquietudine nei confronti della vita.
Per quanto riguarda la tecnica, siamo di fronte a una pittura d’azione, dove al pennello si preferiscono le mani o la spatola, ma anche i pastelli a olio, come si nota bene in A fuoco lento, dove i tratti sfumati e i colori intensi nascondono volti dagli occhi vuoti e dagli sguardi spettrali.
La mente va allora all’art brut, a Dubuffet, al graffitismo e al primitivismo.
sara michelucci
mostra visitata il 12 luglio 2008
dal 25 giugno al 30 luglio 2008
Valentina Carta – Sperdimento primo
a cura di Giorgia Calò
Galleria Horti Lamiani Bettivò
Via Giolitti, 163 (zona Stazione Termini) – 00185 Roma
Orario: da lunedì a venerdì ore 9-18
Ingresso libero
Info: tel./fax +39 06460292; hortilamiani@tiscali.it
[exibart]