Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
30
giugno 2009
resoconto Margherita Moscardini Quarrata (pt), Villa La Magia
toscana
Un intervento in un luogo di ricerca per l’arte contemporanea che, dal 2005, accoglie artisti nazionali e non. Un intervento che inverte i modi usuali dell’arte ambientale. Un intervento smantellato prima del tempo...
Lo scambio non è equo: restituire un’attenzione alla dimora storica e una carezza (visiva) alle colline pistoiesi in cambio di un blocco d’arenaria, zolle di terra, acqua, una piccola quercia, tanta erba, radici di pertinenza “e tutte le margherite del prato”. La bacchetta magica non si spiega coi vocaboli e appartiene all’arte di Margherita Moscardini (Piombino, Livorno, 1981; vive a Cecina, Livorno, e Bologna). Occorre fidarsi per un tempo indefinito.
Come durante un’eclisse di sole, attraverso uno sviluppo progettuale lento e preciso, l’artista determina il luogo e il tempo esatto di uno sguardo, per dedicare un istante prezioso a chi sceglie di fermarsi e stare a guardare.
Poche parole appartengono al mondo di Margherita Moscardini. Tra queste, tutte quelle che creano ma agiscono in negativo, con omissione d’immagini, icone, rumori, esuberanze e decori (strappare, tagliare, sezionare, incidere, eliminare, levare). Le sue opere parlano di silenzio e determinazione, di sostanze pesanti trattenute da sguardi trasparenti. Una magia che, quasi, non si vede. O si nasconde bene, tanto è perfetta.
La materia su cui lavora è quello che c’è nei dintorni del suo operare. Di solito lasciato così com’è, analizzato con un profondo senso di rispetto, a volte crudele e mai contaminato da elementi estranei portati da altri luoghi. La materia e il progetto si svelano attraverso la visione. Tra il dentro e il fuori, le distanze (e le sostanze) si assimilano per estendersi dal punto di percezione fino alla massima capacità d’immaginazione ed emozione.
Nella Villa medicea, l’artista occupa due spazi, la Limonaia di levante al primo piano e la Tinaia a quello inferiore, dove un tempo si conservavano le botti. Entrambi gli spazi sono spalancati; sono aperti gli scuri, le porte, i portoni, le finestre.
Il progetto della Limonaia porta dentro l’esterno, in una sorta di prolungamento dell’ambiente naturale. 210 metri quadri di tappeti erbosi rivestono il pavimento e proteggono gli oggetti presenti nella stanza. Una violenza ecologica rimediata attraverso la cura meticolosa (l’irrigazione quotidiana), non aggravata da negligenze verso il costruito (lo spazio ospitante).
Nella Tinaia è collocato il secondo lavoro, L’isola che non c’è. L’obiettivo è veder scomparire l’opera, creare una continuazione visiva tra l’oggetto creato e il territorio circostante.
L’ artista sceglie il punto d’osservazione per garantire la visione completa dell’opera, assorbita nel paesaggio, inquadrato dalla luce della porta. L’isola è un blocco d’arenaria, tagliata e levigata come fosse un carotaggio, su cui è stata collocata argilla, terra, erba e una quercia bonsai. Un metro cubo di collina che riproduce le reali stratificazioni geologiche del terreno.
Spiega la curatrice, Rosalba Paiano: “Sono due modi correlati di vedere: dalla limonaia lo sguardo punta sulle colline, i campi coltivati, le costruzioni… Dalla tinaia invece la visionarietà si esercita verso una natura più nascosta, impenetrabile. Il lavoro prende dentro il paesaggio, lasciandolo vivere nella sua naturalità, nella sua mutevolezza, natura viva come un dipinto o una fotografia non potranno mai essere. Proprio per la sua naturalità, l’esposizione avrà durata imprevedibile”.
E così è stato, in effetti: senza alcun preavviso, l’intervento è stato smantellato da un giorno all’altro. Senza che nulla ne sapesse l’artista né la curatrice. Un intervento non esattamente naturale…
Come durante un’eclisse di sole, attraverso uno sviluppo progettuale lento e preciso, l’artista determina il luogo e il tempo esatto di uno sguardo, per dedicare un istante prezioso a chi sceglie di fermarsi e stare a guardare.
Poche parole appartengono al mondo di Margherita Moscardini. Tra queste, tutte quelle che creano ma agiscono in negativo, con omissione d’immagini, icone, rumori, esuberanze e decori (strappare, tagliare, sezionare, incidere, eliminare, levare). Le sue opere parlano di silenzio e determinazione, di sostanze pesanti trattenute da sguardi trasparenti. Una magia che, quasi, non si vede. O si nasconde bene, tanto è perfetta.
La materia su cui lavora è quello che c’è nei dintorni del suo operare. Di solito lasciato così com’è, analizzato con un profondo senso di rispetto, a volte crudele e mai contaminato da elementi estranei portati da altri luoghi. La materia e il progetto si svelano attraverso la visione. Tra il dentro e il fuori, le distanze (e le sostanze) si assimilano per estendersi dal punto di percezione fino alla massima capacità d’immaginazione ed emozione.
Nella Villa medicea, l’artista occupa due spazi, la Limonaia di levante al primo piano e la Tinaia a quello inferiore, dove un tempo si conservavano le botti. Entrambi gli spazi sono spalancati; sono aperti gli scuri, le porte, i portoni, le finestre.
Il progetto della Limonaia porta dentro l’esterno, in una sorta di prolungamento dell’ambiente naturale. 210 metri quadri di tappeti erbosi rivestono il pavimento e proteggono gli oggetti presenti nella stanza. Una violenza ecologica rimediata attraverso la cura meticolosa (l’irrigazione quotidiana), non aggravata da negligenze verso il costruito (lo spazio ospitante).
Nella Tinaia è collocato il secondo lavoro, L’isola che non c’è. L’obiettivo è veder scomparire l’opera, creare una continuazione visiva tra l’oggetto creato e il territorio circostante.
L’ artista sceglie il punto d’osservazione per garantire la visione completa dell’opera, assorbita nel paesaggio, inquadrato dalla luce della porta. L’isola è un blocco d’arenaria, tagliata e levigata come fosse un carotaggio, su cui è stata collocata argilla, terra, erba e una quercia bonsai. Un metro cubo di collina che riproduce le reali stratificazioni geologiche del terreno.
Spiega la curatrice, Rosalba Paiano: “Sono due modi correlati di vedere: dalla limonaia lo sguardo punta sulle colline, i campi coltivati, le costruzioni… Dalla tinaia invece la visionarietà si esercita verso una natura più nascosta, impenetrabile. Il lavoro prende dentro il paesaggio, lasciandolo vivere nella sua naturalità, nella sua mutevolezza, natura viva come un dipinto o una fotografia non potranno mai essere. Proprio per la sua naturalità, l’esposizione avrà durata imprevedibile”.
E così è stato, in effetti: senza alcun preavviso, l’intervento è stato smantellato da un giorno all’altro. Senza che nulla ne sapesse l’artista né la curatrice. Un intervento non esattamente naturale…
articoli correlati
Intervista con Margherita Moscardini
federica bianconi
mostra visitata il 9 maggio 2009
dal 9 al 24 maggio 2009
Margherita Moscardini – (detail)
a cura di Rosalba Paiano
Villa Medicea La Magia
Via Vecchia Fiorentina, 63 – 51039 Quarrata (PT)
Orario: sabato e domenica ore 15-18
Ingresso libero
Info: tel. +39 0573771408; urp@comune.quarrata.pt.it
[exibart]