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04
novembre 2009
fino al 2.XII.2009 Dadamaino / Francesco Candeloro Padova, Studio Invernizzi Seragiotto
venezia
Due artisti, due generazioni. E due possibili idee dello spazio e della relazione tra visione e ambiente. Finché, nel reciproco dialogo, le opere cambiano le tensioni...
di Elena Forin
Mettere a confronto artisti diversi per motivazioni e
necessità può produrre un dialogo interessante e curioso. In questa direzione
vanno le scelte di A Arte Invernizzi Seragiotto, che dopo Aricò/Ciussi e Castellani/Morellet, con questa mostra offre spazio
al racconto di una memoria che tocca il presente e che si offre come movimento
fra interiorità ed esteriorità.
“Due artisti di diversa generazione e di diversissima
ispirazione”,
dice Giorgio Verzotti nel testo in catalogo, riferendosi a Francesco Candeloro
e Dadamaino, che però sono confrontabili “sul piano della forma fino a
diventare complementari”. E anche se c’è “più di una generazione” a dividerli e “molte scelte
esplicite e ragioni intime, ad unirli c’è invece una comune propensione a
dubitare del senso comune, e a contestarlo in base ad una sana abitudine al
sospetto”.
Il senso del tempo è un altro elemento che arricchisce
tale legame e complementarietà, e non solo perché si tratta di flussi d’immagini,
segni e visioni, ma anche in ragione del fatto che i due hanno in comune una
visione complessiva basata su una certa poesia dell’instabilità.
Per Dadamaino si tratta di piccole porzioni d’esperienza ridotte
a puro tempo e movimento; per Candeloro dell’immagine e della visione che
prende corpo e che somma ogni singola conoscenza, accavallandola e mettendo in
discussione il presente.
Di Dadamaino (Milano, 1930-2003) la galleria ha scelto la serie Sein
und Zeit, della
fine degli anni ’90, in cui la visione del mondo è un segno che riempie la
superficie semitrasparente del poliestere, che ritrova la complessità del
pensiero e dei fatti riducendoli a piccole linee, ma lasciandone anche
trapelare la complessità attraverso l’ombra tra l’opera e il muro da cui è scostata.
Con un grande lavoro – circa 5×1 metri – che scende dal
soffitto e tocca il pavimento finendo arrotolato, il legame dell’io con il
mondo pare completo e pronto ad aprirsi del tutto al contatto con le opere di Francesco
Candeloro
(Venezia, 1974), in cui a ben guardare il processo è contrario, ma fatto di
simili elementi.
Il suo discorso nasce dal volume e dall’immagine
sovrapposta, così come dalla ricerca di prospettive e punti di vista insoliti
per la visione. Il movimento, la luce e il tempo cambiano la percezione e la
lettura delle cose, mentre le aperture e le successive stratificazioni dei
plexiglas serigrafati non sono solo finestre e occhi per guardare il mondo (Segni
del tempo, 2009),
ma anche opportunità per il segno di diventare immagine.
Come nel caso di Direzioni (libero 6), libri nelle cui pagine appese il
tratto si assottiglia e il tempo è scandito dall’occupazione dello spazio, dal
sovrapporsi dei materiali e dalle molteplici possibilità della visione a
rivelare la propria precarietà.
necessità può produrre un dialogo interessante e curioso. In questa direzione
vanno le scelte di A Arte Invernizzi Seragiotto, che dopo Aricò/Ciussi e Castellani/Morellet, con questa mostra offre spazio
al racconto di una memoria che tocca il presente e che si offre come movimento
fra interiorità ed esteriorità.
“Due artisti di diversa generazione e di diversissima
ispirazione”,
dice Giorgio Verzotti nel testo in catalogo, riferendosi a Francesco Candeloro
e Dadamaino, che però sono confrontabili “sul piano della forma fino a
diventare complementari”. E anche se c’è “più di una generazione” a dividerli e “molte scelte
esplicite e ragioni intime, ad unirli c’è invece una comune propensione a
dubitare del senso comune, e a contestarlo in base ad una sana abitudine al
sospetto”.
Il senso del tempo è un altro elemento che arricchisce
tale legame e complementarietà, e non solo perché si tratta di flussi d’immagini,
segni e visioni, ma anche in ragione del fatto che i due hanno in comune una
visione complessiva basata su una certa poesia dell’instabilità.
Per Dadamaino si tratta di piccole porzioni d’esperienza ridotte
a puro tempo e movimento; per Candeloro dell’immagine e della visione che
prende corpo e che somma ogni singola conoscenza, accavallandola e mettendo in
discussione il presente.
Di Dadamaino (Milano, 1930-2003) la galleria ha scelto la serie Sein
und Zeit, della
fine degli anni ’90, in cui la visione del mondo è un segno che riempie la
superficie semitrasparente del poliestere, che ritrova la complessità del
pensiero e dei fatti riducendoli a piccole linee, ma lasciandone anche
trapelare la complessità attraverso l’ombra tra l’opera e il muro da cui è scostata.
Con un grande lavoro – circa 5×1 metri – che scende dal
soffitto e tocca il pavimento finendo arrotolato, il legame dell’io con il
mondo pare completo e pronto ad aprirsi del tutto al contatto con le opere di Francesco
Candeloro
(Venezia, 1974), in cui a ben guardare il processo è contrario, ma fatto di
simili elementi.
Il suo discorso nasce dal volume e dall’immagine
sovrapposta, così come dalla ricerca di prospettive e punti di vista insoliti
per la visione. Il movimento, la luce e il tempo cambiano la percezione e la
lettura delle cose, mentre le aperture e le successive stratificazioni dei
plexiglas serigrafati non sono solo finestre e occhi per guardare il mondo (Segni
del tempo, 2009),
ma anche opportunità per il segno di diventare immagine.
Come nel caso di Direzioni (libero 6), libri nelle cui pagine appese il
tratto si assottiglia e il tempo è scandito dall’occupazione dello spazio, dal
sovrapporsi dei materiali e dalle molteplici possibilità della visione a
rivelare la propria precarietà.
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dall’otto ottobre al 2 dicembre 2009
Dadamaino / Francesco Candeloro
a cura di Giorgio Verzotti
A Arte Studio Invernizzi Seragiotto
Via Petrarca, 9 – 35137, Padova
Orario: da martedì a sabato ore 15.30-19.30
Ingresso libero
Catalogo disponibile
Info: tel./fax +39 049661314; padova@aarteinvernizzi.it; www.aarteinvernizzi.it
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