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Carlo De Meo – Lost in translation
Col titolo Lost in translation, Carlo De Meo si presenta nella Galleria Andrea Ciani di Genova con una personale che racconta il percorso delle sue più recenti attente riflessioni sul concetto del perdersi.
Comunicato stampa
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Col titolo Lost in translation, Carlo De Meo si presenta nella Galleria Andrea Ciani di Genova con una personale che racconta il percorso delle sue più recenti attente riflessioni sul concetto del perdersi. “Ho bisogno di perdermi ancora, di penetrare l’incerto protetto e coperto d’insicurezza. Ho necessità dell’altro indefinito”, così l’artista esprime questa sua indagine sul perdersi, rispecchiata dagli ultimi lavori, appositamente pensati per la mostra.
L’uomo, soprattutto quello occidentale, ha lentamente costruito intorno a sé una serie di certezze e convinzioni, necessarie per combattere le proprie paure e le proprie insicurezze, ed affrontare il quotidiano vivere. Ma molte di queste certezze, soprattutto oggi, all’indomani di episodi straordinari, stanno pian piano dimostrando la loro infondatezza e -parecchie- il loro fallimento. Certezze che in alcuni casi, purtroppo anche tragici, sono risultate completamente illusorie. E che dovrebbero essere riviste e messe in discussione. E allora, come fare? Perdersi.
Soltanto il perdersi, facendo cioè tabula rasa di queste certezze e convinzioni, permette di vedere con occhi nuovi ciò che è intorno e ci circonda. Il perdersi invita ad una più attenta analisi, ad un’accorta decifrazione, ad una maggiore sensibilità. Entrando “nel luogo” -inteso oltre il suo significato fisico- e perdendosi in esso, si possono così scoprire nuove prospettive, si può scoprire qualcosa di altro. Come un novellulisse che, con l’inizio del suo viaggio e del suo errare, scopre e conosce mondi nuovi che lo mettono incessantemente di fronte a situazioni ignote che di continuo devono essere risolte, così l’uomo moderno dovrebbe porsi di fronte al quotidiano. Almeno suggerisce l’artista. E lo suggerisce con la propria ironia, con i suoi giochi di parole, con le sue piccole sculture. Ma attenzione, quello di Carlo De Meo, non vuole essere un monito né un nichilistico consiglio, ma una personale indicazione di una possibile via, che potrebbe portare al traguardo o forse di nuovo alla partenza, ma questa è un’altra storia.
Sempre utilizzando il proprio corpo, Carlo De Meo allestisce lo spazio della galleria con opere, scultoree e fotografiche, che abitano lo spazio e ne scandiscono il percorso.
E’ “Lost in translation”, che dà il benvenuto. L’unica posta su di un piedistallo, sintetizza totalmente la riflessione dell’artista e dalla quale derivano tutti i possibili sviluppi, tra cui la mostra stessa. Ed il titolo è volutamente preso dal film di Sofia Coppola: “cercavo un titolo, e quello era perfetto“. Ma è con L’impressionista -opera realizzata in situ e soggetto portante delle foto esposte- che si coglie appieno l’operazione artistica di De Meo. Oppure con Senza titolo 3, ulteriore evoluzione di “Senza titolo 1” e “Senza titolo 2”. Ed infine, con Cinquantaeuroalchilo l’artista affronta anche, con indicazioni ben precise, lo spinoso ed annoso argomento della propria “vendibilità”.
(Daniela Trincia)
L’uomo, soprattutto quello occidentale, ha lentamente costruito intorno a sé una serie di certezze e convinzioni, necessarie per combattere le proprie paure e le proprie insicurezze, ed affrontare il quotidiano vivere. Ma molte di queste certezze, soprattutto oggi, all’indomani di episodi straordinari, stanno pian piano dimostrando la loro infondatezza e -parecchie- il loro fallimento. Certezze che in alcuni casi, purtroppo anche tragici, sono risultate completamente illusorie. E che dovrebbero essere riviste e messe in discussione. E allora, come fare? Perdersi.
Soltanto il perdersi, facendo cioè tabula rasa di queste certezze e convinzioni, permette di vedere con occhi nuovi ciò che è intorno e ci circonda. Il perdersi invita ad una più attenta analisi, ad un’accorta decifrazione, ad una maggiore sensibilità. Entrando “nel luogo” -inteso oltre il suo significato fisico- e perdendosi in esso, si possono così scoprire nuove prospettive, si può scoprire qualcosa di altro. Come un novellulisse che, con l’inizio del suo viaggio e del suo errare, scopre e conosce mondi nuovi che lo mettono incessantemente di fronte a situazioni ignote che di continuo devono essere risolte, così l’uomo moderno dovrebbe porsi di fronte al quotidiano. Almeno suggerisce l’artista. E lo suggerisce con la propria ironia, con i suoi giochi di parole, con le sue piccole sculture. Ma attenzione, quello di Carlo De Meo, non vuole essere un monito né un nichilistico consiglio, ma una personale indicazione di una possibile via, che potrebbe portare al traguardo o forse di nuovo alla partenza, ma questa è un’altra storia.
Sempre utilizzando il proprio corpo, Carlo De Meo allestisce lo spazio della galleria con opere, scultoree e fotografiche, che abitano lo spazio e ne scandiscono il percorso.
E’ “Lost in translation”, che dà il benvenuto. L’unica posta su di un piedistallo, sintetizza totalmente la riflessione dell’artista e dalla quale derivano tutti i possibili sviluppi, tra cui la mostra stessa. Ed il titolo è volutamente preso dal film di Sofia Coppola: “cercavo un titolo, e quello era perfetto“. Ma è con L’impressionista -opera realizzata in situ e soggetto portante delle foto esposte- che si coglie appieno l’operazione artistica di De Meo. Oppure con Senza titolo 3, ulteriore evoluzione di “Senza titolo 1” e “Senza titolo 2”. Ed infine, con Cinquantaeuroalchilo l’artista affronta anche, con indicazioni ben precise, lo spinoso ed annoso argomento della propria “vendibilità”.
(Daniela Trincia)
05
febbraio 2005
Carlo De Meo – Lost in translation
Dal 05 febbraio al 05 marzo 2005
arte contemporanea
Location
ANDREA CIANI ARTE & DESIGN
Genova, Vico Del Fieno, 26r, (Genova)
Genova, Vico Del Fieno, 26r, (Genova)
Orario di apertura
dal martedi al sabato 15,30-19
Vernissage
5 Febbraio 2005, ore 18,30
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