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architettura_progetti Ripartire da Ground Zero
Architettura
Architettura simbolica e concettuale, quella di Daniel Libeskind. Il suo progetto viaggia attraverso le note della memoria e del ricordo per approdare alla volontà di reazione e alla fiducia nella vita. L’architetto polacco ricondurrà gli americani e il mondo intero a Ground Zero…
Daniel Libeskind è il vincitore del concorso internazionale di idee per la ricostruzione del World Trade Center . L’architetto dei luoghi della memoria affronta una nuova sfida, un nuovo viaggio nel ricordo. Il suo percorso progettuale non negherà il lutto, come non è accaduto a Berlino più di dieci anni fa. Ma ci condurrà, attraverso la coscienza di esso, al ricordo del coraggio e dell’altruismo, alla speranza nella vita.
Scrive Libeskind: “Naturalmente abbiamo bisogno di un Museo nell’epicentro di Ground Zero, un museo dell’evento, d ella memoria e della speranza”
Nel registro progettuale dell’architetto polacco, il museo si fa ingresso a Ground Zero, introduce ad una promenade di meditazione nelle viscere della ferita verso un luogo sotterraneo, prossimo alle fondazioni, superstite messaggio di speranza e di ricostruzione. In questo spazio di riflessione, sempre accessibile, sorgerà il memoriale, oggetto di una prossima gara internazionale.
All’esterno, risaliti in superficie, Libeskind prevede due ampi spazi pubblici, il Parco degli Eroi e il Cuneo di Luce. Ogni anno, nello stesso periodo di settembre, tra le 8.46, quando il primo aereo colpì la prima torre, e le 10.28, quando la seconda torre crollò, il cuneo catalizzerà una luce priva di ombre, eloquente e insieme silenzioso messaggio di memoria e di fede nella vita.
Nel cielo di Manhattan svetterà ancora un grattacielo di quasi seicento metri di altezza, chiamato i Giardini del Mondo. Spiega l’architetto: “Perché i giardini sono una costante affermazione della vita”. Sarà simile, anche morfologicamente, ad una spirale dispensatrice di ottimismo e di coraggio.
Il linguaggio emotivo di Libeskind esibisce in maniera composta e dignitosa un sentimento di profondo dolore e di necessaria reazione. Nella sua opera la sofferenza è affrontata, sentita, e attraverso la plasticità e la corporeità dell’architettura si fa materia di riflessione. La tipologia che predilige è non a caso il museo, custode della memoria e della categoria della durata.
Il leitmotiv di questo nuovo progetto non è diverso da quello trasmesso dal Museo Ebraico di Berlino: anche in Germania, come a New York -tra l’altro sue città elette- progetta un museo concettuale, un museo dell’assenza, ma che incarna anche un atto di reazione, di volontà, di attivismo.
Libeskind crea quindi un contenitore di esperienze emotive più che un luogo per esporre. La sua è un’idea progettuale votata a promuovere una sorta di promenade dell’esperire più che la coerenza del dato funzionale. Sono spazi del sentire che sollecitano stati d’animo e riflessioni legati ad uno degli episodi fra i più truci della storia. É per questo motivo che le licenze creative dell’architetto convincono. Esse non sono gratuite. Non sono le rocambolesche articolazio ni di certa architettura contemporanea. No. Se il progetto per il WTC esprime una grammatica personale in antitesi a quella tradizionale, questa ha un senso ed un messaggio maturi.
Libeskind è l’uomo, prima ancora che l’architetto, naturalmente deputato ad un’impresa di tale spessore emotivo. Ha vissuto il lutto della sua famiglia, accecata dall’olocausto. Solo il padre sopravvive. É un uomo che conosce il dolore, che ha presente il rancore, che è approdato, lungo i modi della vita, al desiderio di purificare i propri sentimenti attraverso l’arte.
Libeskind ricondurrà gli americani e il mondo intero a Ground Zero, come è riuscito, più di dieci anni fa, a ricondurre il padre nella terra del dolore, la Germania, in occasione della costruzione del Museo Ebraico.
A Ground Zero, il rancore è giunto ad una fase matura e si è trasformato in volontà di reazione. L’arte e l’architettura gli strumenti. Il dolore, la sua memoria, la volontà di essere e di esserci sono il messaggio. New York il luogo migliore per esprimerli.
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Citazioni tratte dal sito ufficiale del concorso:
renewnyc.com
francesca oddo
[exibart]
Il mio umile parere: orribile mi sembra un parafulmine, potevano fare meglio, molto meglio!
tra il concetto di dolore,di assenza e di scomparsa presenti nello splendido museo ebraico di berlino e questo monumento al rancore e alla reazione c’è una bella differenza… si è voluto premiare un brutto grattacielo ancor più alto delle precedenti torri per dire “non ci avete piegato, anzi il nostro orgoglio americano svetta”. sembra oriana fallaci trasposta in architettura… e poi chiamarlo “giardino” dovrebbe implicare erba e vegetazione in piano, e non una terrazza con sotto 600 m di costruzione… tutta questa retorica è veramente nauseante.
ammazza che americanata aho
NON METTO IN DUBBIO LA BELLEZZA E LA CALMA,CHE IMMAGINO SI RESPIRI FORTE, DEL MUSEO EBRAICO DI BERLINO. NON SOPPORTO CHI,COME LEI, PARLA DI “RANCORE E DI REAZIONE” ,COME DI UN “MUCO” VIRULENTO E SPORCHISSIMO ,CHE DEVE CONTINUAMENTE ESSERE TIRATO SU’ COL NASO ,PER NON FARE LA SUA
NATURALE FINE IN UN FAZZOLETTO.
CHE PARALLELISMO C’E’ TRA UN BRUTTISSIMO GRATTACIELO E IL “NON CI SPEZZERETE”? LEI TANTO SA TUTTO.PURTROPPO LE TROPPE COMODITA’ E PROTEZIONI “RINBECILLISCONO”,NON CI AIUTANO AD AFFRONTARE LE COSE COME SI DOVREBBE. CI SONO TANTI PAESI DOVE LE GARANZIE ,DI OGNI GENERE ,NON ESISTONO;SCELGA E POI VALUTI.E SE INVECE DELLA FALLACI IO AVESSI MESSO ,IN UN IPOTETICO COMMENTO DEL TUTTO “UGUALE AL SUO”,…..UN NOME DI UN INTELLETTUALE,DEFUNTO,A LEI CARISSIMO,COME AVREBBE REAGITO?POTRA’ O NON POTRA’ ESSERE ATEA E COMUNISTA,PARLO DI LEI, MA I SUOI COMMENTI ACIDI ,LI TENGA A MACERARE IN UN BICCHIERE E POI SE LI RIBEVA.
SE POI DUE PIANTE A 600m POSSONO O NON POSSONO ESSERE CHIAMATE “GIARDINO”,ME NE FREGO.
CON TUTTI I “CRETINI” CHE IN GIRO CONIANO “ESPRESSIONI” DI CAVOLO ,E IN ITALIA CI SONO RAPPRESENTANTI “AUTOREVOLI” DEL MOVIMENTO,LEI SE LA PRENDE PER DUE PIANTE CHE VENGONO,OMAGGIATE DELL’AUTOREVOLISSIMO NOME DI GIARDINO.
SIAMO VERAMENTE ARRIVATI AL CAFFE’.
QUELLO SENZA ZUCCHERO!!!!!!
approvo in pieno.
il classico esempio di idiozia preconfezionata che tanto va di moda in italia, dove nulla manca, se non gli idioti.
Tutti antiamericani, tutti con marlboro in bocca e ipod alle orecchie.