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Una foresta tra le mura del Palazzo
Arte contemporanea
Farm Cultural Park nasce nel 2010 grazie alla lungimiranza di Andrea Bartoli e Florinda Saieva che credono e si immaginano un futuro diverso per Favara e il suo popolo: nel cuore del centro storico, all’interno di sette cortili fino ad allora abbandonati e costituiti da macerie, vengono erette le fondamenta per un’identità rinnovata e un nuovo percorso verso il futuro in cui l’arte è la via attraverso cui viene ritrovata la bellezza e la felicità. La strada che percorrerà Farm lungo gli anni sarà piena di novità e progetti: gli spazi espositivi si ampliano, vengono invitati nuovi artisti ogni anno, partecipa alla biennale di architettura di Venezia, si parla di Farm Cultural Park anche sul Guardian, nasce SOU: la scuola di architettura per bambini, metafora di un nuovo mondo e un futuro migliore. Nel 2016 viene accolta negli spazi dei sette cortili una porzione del padiglione giapponese dell’Expo: progettato dall’architetto Atsushi Kitagawara, il Byōbu costituisce un tipico paravento giapponese utilizzato per separare e delimitare spazi privati.
Nel 2019 viene inaugurata Countless Cities, la Biennale delle Città del Mondo che, a differenza di tutte le altre biennali, sposta l’attenzione dalla dimensione Stato a quella di Città in coerenza con i dati economici, politici, culturali e sociali che sottolineano come le città stiano acquisendo sempre più importanza in confronto agli stati. Grazie a questo nuovo progetto viene aperto un nuovo spazio: quello di Palazzo Miccichè, un palazzo nobiliare di fine ‘800 che è stato riportato a unità dopo circa trent’anni durante i quali la proprietà era stata frazionata. La prima edizione della biennale è stata dedicata alle Città Africane, concentrando la lettura da un punto di vista architettonico. La facciata del palazzo, sulla cui cima sventola la bandiera della pace di Farm, una bandiera rossa a pois bianchi, è divenuta tela per il murale ricamato dell’artista NeSpoon. Negli scorsi mesi lo spazio ha ospitato la mostra Normality is brutal, una mostra pop-up di artisti della collezione di Farm, che, come accennava il titolo, aveva l’intento di provocare lo spettatore e incentivarne un pensiero critico. Dal 4 al 18 settembre invece è stato ospitato SI – South Italy Architecture Festival, una manifestazione volta a celebrare l’importanza dell’architettura che si mette al servizio delle comunità.
Il festival, che è stato progetto vincitore del bando “Festival dell’Architettura” promosso dalla Direzione Generale della Creatività Contemporanea, ha costituito terreno fertile per la nascita di Human Forest: una foresta nata tra le mura del palazzo. Curato da Laps Architecture e Analogique, il progetto è stato concepito e realizzato da un team multidisciplinare composto da Manlio Speciale (botanico), Michele Cannavò (psichiatra e psicoterapeuta), Pierpaolo Zampieri (sociologo), Lorenzo Nofroni (paesaggista), Luca Lagash (sound artist), Alice Piciocchi (giornalista), Dario Panzica (consulente luce naturale, Velux), sostenuti dalla collaborazione della Fondazione Radice Pura e con il supporto di Vivaio Faro. Il palazzo si trasforma quindi in una foresta divenendo contenitore di diverse specie di piante con una varietà tra cui edere, palme tropicali, felci e cespugli vari. Non solo, diviene un luogo in cui può trovare spazio e amplificarsi una comunione tra uomo e natura, in cui il cittadino si trasforma in cittadino – giardiniere guidato dalla volontà di prendersi cura del luogo che lo circonda allontanandosi dalla frenesia della città contemporanea per ritrovare una dimensione più intima e serena. Uno spazio che era stato abbandonato acquisisce nuova vita e accompagna l’uomo verso una ridefinizione di sé stesso e dell’ambiente circostante, imparando a entrare in sintonia con il pianeta praticando l’ascolto a discapito dello sfruttamento.
Il palazzo, in questa nuova veste, assumendo soggettività può dire: “Non voglio più essere un palazzo ma una foresta”. Così il progetto ridefinisce il significato fisico e teorico di un edificio storico-monumentale, quale Palazzo Miccichè, che aspira a diventare altro: una foresta, una giungla, un luogo mentale, un ambiente per l’incontro, uno spazio laico-sacro. Human Forest inoltre sembra dare vita a Eden, l’opera di MOG che vede il verde delle foglie arrampicarsi fino ai tetti irraggiungibili di Palazzo Miccichè. La terrazza, che regala una magnifica vista sull’intera città di Favara, contribuisce con il suo respiro all’idea di rinascita, di volontà di resistere e costruire nuovi mondi e nuove relazioni. Favara è la prova che la cultura, l’incontro di persone e l’amore per un luogo sono catalizzatori di trasformazioni, cambiamenti e nuove fioriture.
In un mondo in cui tutto sembra già fatto, concluso e spesso irraggiungibile, Farm Cultural Park ci insegna come spesso i progetti più autentici e luminosi nascano da luoghi piccoli e discriminati in cui l’amore per la bellezza, la vita e le persone costituiscono il seme dell’esistenza.
Franceschini deve fare quello che la pandemia impone! Altrimenti al museo chi ci andrà, i morti?